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Diritti d’autore, il digitale non è più il nemico (anzi)
La blockchain per tutelare il diritto d’autore e tenere traccia di tutte le operazioni di vendita dei contenuti. Il digitale diventa vero un nuovo amico per le opere d'arte e di ingegno.
Photo by Jurien Huggins on Unsplash
La storia del diritto d’autore ha visto da sempre il digitale come il nemico numero uno. C’è stata una violenta battaglia delle case discografiche nell’era di Napster, eMule eccetera, combattuta a suon di denunce, etichette stampate su ogni CD che minacciavano ripercussioni legali parlando proprio a quelle persone che, invece, i dischi li stavano comprando (bell’idea, quella di dare dei “ladri” ai clienti solo perché potenzialmente possono esserlo).
Ovviamente, anche l’immagine (fotografia, illustrazioni, grafica, video) ha vissuto il digitale come un vero incubo. Poco importa se la copia illecita è arrivata da ben prima dell’evoluzione digitale, quello che conta è che nella mente di tutti, specialmente in quella dei creativi (gli autori, appunto) il digitale ha distrutto ogni regola e rispetto del diritto basato sulla commercializzazione e monetizzazione delle proprie opere.
A poco sono servite, negli anni, le tecnologie di protezione, filigrane e ancor più la violenza del marchiare con una © grande quanto l’immagine stessa che si voleva proteggere: tutte soluzioni parziali e specialmente totalmente inutili. Nei fatti, è rimasto quindi quel pensiero che, per essere protette, le opere non dovevano essere distribuite sul web, mai convertite in bit, dovevano evitare il digitale.
Una strada tentata da tanti, anche da alcuni scrittori di libri che, per anni, hanno messo il veto alle versioni digitali, e ancora - incredibilmente - anche alcuni editori che insistono a non proporre la versioni eBook, sebbene sia evidente che la crescita degli utenti delle versioni digitali sia costante (negli USA 3 persone su 10 hanno già fatto questa scelta, come segnalato in questa ricerca, sono di più quelli che invece non fanno delle scelte univoche, e poi ci sono quelli che sono migrati verso gli audiobook, una diversa forma di versione digitale dei libri).
Il grafico qui sotto mostra questo andamento in modo chiaro. Insomma, a volte gli atteggiamenti che dividono il mondo in bianco e nero portano a perdere opportunità, invece che guadagnarle.
L’attualità di quello che dobbiamo e possiamo considerare “il vero digitale”, però, in questi ultimi anni sta cambiando gli scenari, ed è l’argomento sul quale stiamo concentrando le nostre analisi, ma anche il nostro futuro all’interno di questo ruolo di “informatori” che ci siamo ritagliati nel mondo dei creativi dell’immagine. Già da molti mesi, forse anche un paio di anni, stiamo esplorando e condividendo con chi ci legge la visione di un’evoluzione digitale che rischia di sfuggire di mano, che è difficile da decodificare perché è finito il periodo della “conversione”.
Per quasi tutti (non tutti, quasi...) è stato facile pensare che una foto senza pellicola era una foto digitale, che un libro non stampato su carta fosse un libro digitale, che un brano musicale non inciso su un supporto fisico fosse un “brano digitale”, e così via. Bene, questa interpretazione del “digitale” come semplice replica di qualcosa che abbiamo conosciuto nella sua precedente vita fisica è ormai superata. Tutto quello che poteva diventare digitale è diventato digitale per citare Benny Landa, uno dei protagonisti dell’invenzione della stampa digitale commerciale con il suo sistema Indigo.
Everything that can become Digital, will become Digital
Ma quello era solo l’inizio. Ora la sfida è capire come “vivere nel mondo digitale”, dove gli asset, i business, i soldi, le proprietà diventano (sono diventate) digitali. In questo ambito, di colpo e quasi per magia, il digitale diventa non solo il migliore alleato del diritto d’autore, ma lo fa con una forza assoluta che non solo riesce alla perfezione a difenderlo con una visione che finora era stata utopica, ma addirittura mette in mostra applicazioni che si trasformano in business tutti nuovi, e ancora più grandi.
Non solo si può difendere il diritto d’autore, ma lo si può far crescere all’infinito. I meriti sono legati alla blockchain, tema che purtroppo è ancora troppo poco conosciuto in ambito creativo, e che oggi sembra trovare interesse solo in ambiti speculativi, per inseguire promesse di fare milioni con semplicità vendendo opere digitali come gli NFT (un tema caldissimo, sul quale, ve lo assicuriamo, discuteremo insieme con il giusto metodo e con un approccio costruttivo, al più presto), senza prima capire come davvero la blockchain stia cambiando tutto, ma proprio tutto.
Ancora una volta, le ispirazioni arrivano dal mondo della musica, che molte volte abbiamo detto essere il mercato più “avanzato” nell’adozione del digitale e quindi quello a cui guardare con la massima attenzione.
La dichiarazione arriva da Kanye West - artista, imprenditore, produttore musicale e addirittura un potenziale candidato alla presidenza degli USA nel 2020 (con promessa che ci riproverà nel 2024) - che qualche giorno fa ha detto di volere una quota per le immagini che gli vengono scattate dai paparazzi, ipotizzando una gestione tramite appunto la piattaforma NFT. Per capirci, ci sono piattaforme (per esempio OpenSea) che permettono di riconoscere delle royalties per ogni vendita di un contenuto, non importa quanti siano gli step dalla prima vendita.
Ovviamente questa richiesta fa uscire l’anima da imprenditore più che dell’artista e ancor meno della persona che vorrebbe tutelare la propria privacy, ma al di là del tornaconto del signor West (che, per di più, sposato con la regina dei reality e del gossip Kim Kardashian, non può certo essere considerato qualcuno che ha bisogno di spiccioli per pagarsi le bollette della luce alle spalle dei “poveri paparazzi”), è interessante capire il concetto e la logica che sta alle spalle di questo pensiero: se quello che è la nostra attività professionale, l’essenza del prodotto che vendiamo, viene indirizzato sulla blockchain, tutto quello che “succede” nella storia di questo bene può essere tracciato e quindi ci sono i presupposti per poter ottenere un riconoscimento di quella che è “la nostra parte”.
Così come Kanye West ipotizza che per ogni sua immagine (inteso come soggetto) che verrà venduta, e ogni volta che verrà rivenduta, lui ne possa percepire una quota, lo stesso potrebbe farlo chiunque possa vantare dei diritti all’interno della stessa, magari anche un luogo (qualche anno fa si è parlato della scelta della città di Positano di far pagare il diritto di scattare foto e video a fini commerciali della propria città), anche un vestito, anche la fotocamera che ha scattato l’immagine.
Sembra assurdo, ma pensate alle potenzialità di quello che viene definito passive income, le entrate passive, quelle che vi arrivano indirettamente come diritti o percentuali su qualcosa che avete già realizzato e prodotto. Serve fantasia, serve una visione più ampia di quello che può portare risultati e soddisfazione nel mondo del lavoro e della professione, ma serve affrontare queste potenzialità studiando, analizzando e cercando nuove strade.
Ma perché bisognerebbe farlo? Perché siamo sempre a caccia di qualcosa di nuovo, quando il passato ci ha dato tante soddisfazioni, e questo inseguire il futuro sembra solo una follia senza fine? Forse vale la pena valutare - non servirebbe, ma è necessario farlo, anche se fa male - che la situazione attuale non offre più grandi opportunità concrete, qui di seguito vi segnaliamo delle valutazioni medie del costo di una fotografia in ambito editoriale (arriva da una newsletter che si chiama Charlie, realizzata da IlPost e che parla di editoria):
Quotidiano nazionale (Il Resto del Carlino, Il Giorno e La Nazione): fino a 275 battute 50 centesimi; da 276 a 825 battute 2 euro; da 826 a 2.200 battute 6 euro; oltre 2.200 battute 9 euro. Se si scrivono più di 80 pezzi in un mese, dall’81esimo tutti i pezzi vengono pagati al massimo 2 euro. Una fotografia pubblicata nel pezzo viene pagata 2 euro, ma dalla 51esima fotografia pubblicata il compenso è 50 centesimi per ognuna.
Online: da 276 a 825 battute 2 euro; da 826 a 2.200 battute 3 euro; oltre 2.200 battute 4 euro. Dopo i 40 pezzi mensili, ogni pezzo viene pagato 1 euro. Una fotografia pubblicata viene pagata 1 euro e 50, 1 euro se inserita in una fotogallery, 50 centesimi dopo la 40esima foto pubblicata.
Qualcuno può dire che ci sono altre strade per monetizzare il proprio lavoro, rispetto alla pubblicazione su giornali e siti (anche se una volta di questo i reporter vivevano), e questo avviene tramite la condivisione sui social che offre una occasione che ha fatto fare la fortuna a tante persone. Vero, ma se volete date un’occhiata a questo interessante sito che offre la possibilità di calcolare - sulla base di un dato che potete inserire come budget mensile necessario alle vostre esigenze - quanto dovete “produrre” in termini di contatti. Facciamo un esempio: per avere un’entrata media di 2000 euro al mese servono 200 mila followers su Instagram (basandosi su quelle che potrebbero essere le entrate derivate dalla vendita di post sponsorizzati, che richiede comunque un lavoro per proporre e gestire questa attività commerciale, non è Instagram che vi paga), circa 50 milioni di views su TikTok, 4 milioni di views su YouTube, eccetera.
Se pensate di avere contenuti che possono fare questi numeri, allora bene, questa è la strada, ma se non è il vostro caso, magari è il momento di pensare a nuove strade, anche se sembrano distanti, poco affini al vostro modo di pensare e di vivere, oscure e (ancora) poco concrete.
Alla fine di ogni Sunday Jumper pubblichiamo, a partire da oggi, un link che abbiamo selezionato per augurarvi una buona domenica.
👑 Sunday Link
Il trailer che la BBC ha realizzato per i suoi programmi dedicati alle Olimpiadi invernali, realizzato tutto con stampa 3D e riprese in stop motion. Qui trovate il “making of”, non perdetelo... pazzesco!