

Scopra di più da Sunday Jumper
Essere influencer, nell'Era dell'AI
Poter influenzare il mondo nuovo, creare e stimolare nuovi percorsi di creatività, lasciare il segno (per trarne vantaggio, oltre che fama e piacere) è un obiettivo raggiungibile, anche con l'AI
Immagine realizzata con Midjourney da Jumper AI Creative Lab
Il termine “Influencer” l’ho sentito per la prima volta quando me lo hanno “appiccicato addosso”; non avevo fatto nulla per ottenerlo (nemmeno sapevo cosa, effettivamente, oltre l’accezione lessicale, volesse dire), ed è stata Adobe che mi ha così “etichettato”, in un programma di partnership che prevedeva la collaborazione con persone che, nel mondo, potessero indicare una strada che fosse coerente con la visione - e, attenzione, non necessariamente parlando dei suoi prodotti - nel mondo digitale. In Italia non so quanti erano, ad avere ricevuto questa “etichetta” o “ruolo”, ma erano di sicuro molto pochi, che non si confondevano con i “guru”, che invece avevano ed hanno dei ruoli più operativi, di spiegazione e di evangelizzazione dei software, che facevano le demo, e così via. Gli “Influencer” di Adobe, di fatto, non avevano alcun compito operativo e nemmeno promozionale, e di fatto nemmeno venivano pagati, quello che ricevevano era una licenza Adobe CC, della documentazione e poco altro; quello che “facevano” (o che, almeno io ho fatto) era portare avanti argomenti legati al mondo digitale, in totale indipendenza, trasparenza e onestà intellettuale, perché facendo crescere coscienza e visione sulle innovazioni digitali, si contribuiva ad aprire anche porte interessanti per Adobe. Una visione molto colta, matura, innovativa, che ovviamente poi è degenerata quando qualcuno - parliamo di piani alti, a livello internazionale - è stato sostituito/a dalla generazione dei “furbi”, quelli che misurano, quelli che pretendono risultati da esporre su un report trimestrale o mensile e quindi sono arrivate le richieste formali: per continuare a partecipare a questo programma, bisogna garantire almeno un numero X di post sui prodotti di Adobe, avere un pubblico di followers di almeno xxx utenti, eccetera. Con grande freddezza (stupida freddezza) veniva allegato un documento da firmare per siglare l’accordo che, torniamo a dire, dava come “grande ritorno” da parte dell’azienda, una licenza del LORO software (un valore davvero insignificante per quello che era la richiesta che facevano, ancor più dal punto di vista etico che non operativo) e la possibilità di fregiarsi del termine “Influencer” di Adobe. Inutile dire che, quel documento, l’ho rimandato al mittente, e sono stato ben felice di rinnovare a pagamento la licenza CC per tutti i componenti del team di lavoro (che già pagavo, ho solo aggiunto la mia licenza personale).
Secondo voi, da quel giorno, ho smesso di essere “Influencer”? In realtà non si è Influencer per targhetta o per contratto: lo si è se quello che si fa, anche in piccolo, può influenzare altre persone, possibilmente in modo positivo, proattivo, costruttivo. Credo, in totale umiltà, di avere “influenzato” negli anni (prima, durante e dopo la “targhetta”) parecchie persone, che hanno trovato spiragli di idee, consigli, segnalazioni che hanno contribuito (ancora una volta: in piccolo) alla loro crescita, evoluzione, intuizione. Ma, se guardiamo attentamente, tutti siamo “Influencer”, e non importa se la nostra azione si allarga a milioni di persone, a centinaia di individui, o anche solo a pochi singoli, perché non è una gara, ma una missione. Si può essere “Influencer” di masse, o si può essere “Influencer” di una nicchia di persone alle quali magari vogliamo bene, anche solo dei figli, degli amici, le persone che fanno parte di un minuscolo team di lavoro. Anzi, escludendo le declinazioni commerciali (se si è influencer di milioni di persone si può guadagnare tanto, ma si fanno anche delle orribili marchette, si finisce con il “consigliare” a richiesta e dietro “soldi” quelle persone che si fidano di noi… non è una bella cosa), è più prezioso influenzare la vita delle persone vicine, quelle alle quali teniamo di più, che non degli sconosciuti. Se state leggendo questo testo, probabilmente siete tra quelle poche migliaia di persone che, spesso anche da tanti anni, trovano che questo possa essere un appuntamento che potrebbe “influenzare” la vostra visione sul mestiere della creatività, e se anche sono pochi (non sono pochi, oggettivamente…) non è un problema: qui non si misurano i valori sui numeri, ma sull’intensità.
Questa che potrebbe essere considerata una sola “introduzione” al tema, ha un motivo per arrivare ad un punto che ci preme condividere. Siamo - come Jumper - ormai con la testa, il corpo, l’anima immersi in quello che - da quando facciamo questo mestiere di “Influencer di futuro per l’immagine” - è oggettivamente la più grande, immensa rivoluzione che abbiamo vissuto, che fa impallidire tutto quello che abbiamo trattato, studiato, insegnato, condiviso in decenni; parliamo, ovviamente, dell’intelligenza artificiale generativa per le immagini (non solo, ma nello specifico qui parliamo di questo). Il tema che ci ha portato a trattare questa sfaccettatura dell’influencer è legato al tema che si sta discutendo sul come, eventualmente, bloccare l’apprendimento di queste AI e quindi impedire loro di “decodificare” il nostro stile, che vogliamo che rimanga “nostro” e che nessuno possa “guadagnarci sopra”. Qualcuno si è imposto, e quindi il suo nome e il suo “stile” non può essere più incluso in un prompt (la definizione che viene data alla macchina per generare un’immagine), ma se non siamo degli “Influencer”, ovvero se non influenziamo con le nostre immagini, il nostro stile, le nostre immagini qualcuno…. allora cosa avrebbe da perdere un modello di apprendimento? Nulla, è come pretendere di essere invisibili, senza accorgersi che invisibili lo siamo già. Non c’è tecnica per rendere “invisibile l’invisibile”, sarebbe solo una tecnologia inutile.
Se siete quindi dei “non Influencer” non preoccupatevi e non fate fatica, agitandovi: nessuno sarà influenzato da voi, ancor meno una macchina. Ma se, invece, siete degli Influencer, allora… anche in questo caso l’azione di voler diventare invisibile alle reti che catturano e archiviano le vostre immagini non servirà assolutamente a nulla, perché avrete già influenzato decine, centinaia, migliaia, milioni di altre persone che - ispirati e “influenzati” da voi - avranno fatto immagini che derivano dalle vostre, e non potrete bloccare tutto questo fiume di immagini derivate che non sono necessariamente plagi (ci saranno anche quelli, fatti da umani e non da macchine). Quanti fotografi si sono ispirati a Caravaggio? Anche se gli ipotetici titolari dei diritti d’autore di Caravaggio si facessero vivi (assurdo, sapete bene che i diritti d’autore decadono dopo alcuni decenni dalla morte dell’autore stesso, quindi è un assurdo solo per far riflettere) per proibire ai modelli di apprendimento dell’AI di prendere in prestito i quadri di Caravaggio, lo stile del grande Maestro sarebbe sempre presente, in milioni di immagini che si sono ispirate ai suoi quadri.
Quale è il valore di un “Influencer”? Quello di ispirare, di essere un punto di riferimento per una massa (piccola o grande che sia), e se la sua azione censoria porta ad eliminare questa influenza nella cultura, quale sarà il risultato? Quello di essere dimenticato, non quello di poter monetizzare la sua visione, la sua arte, il suo modo di pensare. Dimostrarsi un Influencer, lasciare un segno, apre mille porte, monetizzabili molto più di quello che si immagina. Ma poi manca un tassello: chi ha influenzato gli Influencer? Perché le idee non nascono da sole, ma sono frutto di altre influenze, nulla si crea, tutto si modifica. Quindi, anche accettando che qualcuno possa cancellare la propria influenza artistica e creativa semplicemente guadagnando - tramite una legge ancora tutta da scrivere, auguri per chi dovrà farla, il rischio di redigere un documento privo di senso è altissimo - il diritto di oblio della propria arte (assurdo, assurdo!), come farà a evitare che una macchina sia influenzata a sua volta, con la sua capacità di analisi che permette di mettere insieme anche le connessioni che hanno poi permesso di arrivare ad una idea visiva partendo da tanti stimoli/parametri percepiti e decodificati dall’artista che si vuole nascondere? Difficile crederlo, no?
Settimana prossima verrà lanciato GPT 4 che rispetto a GPT-3 che è un modello di 175 miliardi di parametri, lavora con 1,6 trilioni di parametri, quindi sarà in grado di risolvere compiti molto più complessi che mai (e si, non sarà solo testo, ma anche immagini, video ed altro ancora). La formula delle idee si può ricostruire, e amplificare miliardi di volte meglio, partendo dagli ingredienti di base, che saranno disponibili a tutti, senza considerare che una delle armi che l’AI mette a disposizione è di poter lavorare sulle varianti, che possono essere realizzate molto rapidamente; tutti sanno che la perfezione si ottiene dal provare, provare, riprovare, modificare… un processo che di colpo diventa possibile riducendo moltissimo lo sforzo esecutivo (non quello mentale, che rimane la forza assoluta).
C’è qualcuno che, anche a ragione, potrebbe dire: io posso anche partecipare a questo banchetto, ma vorrei avere un ritorno da questo. Se i sistemi AI stanno portando miliardi di finanziamenti, perché una parte non arriva a me? In teoria si potrebbe anche ipotizzarlo, ma se ci fosse un sistema di questo tipo, capace di percepire per ogni molecola di “ispirazione” un riferimento specifico ad ogni singolo “Influencer”, si potrebbe studiare una piattaforma che possa riconoscere una quota infinitesimale per ciascuna di quelle molecole, ma visto che la capacità di analisi di questi sistemi potrebbe anche scindere da ogni idea “derivata” da ciascun influencer creativo anche tutte le derivazioni connesse a quell’idea (quindi alle molecole che hanno generato la molecola di quello che si definisce in teoria il “titolare” di quella molecola), il risultato è che si produrrebbe un sistema impossibile da gestire che poi non porterebbe alcun utile a nessuno, ma una polverizzazione che ci farebbe rimpiangere i pochi euro che si riescono a recuperare come content creator sui social (per fare un esempio: per ottenere BEN 100 dollari all’anno, bisogna avere almeno 10,000 followers su TikTok ed ottenere almeno 270,270 views all’anno). E proprio parlando di TikTok, nessuno critica il fatto che i “trends” che vanno tanto di moda portano milioni di persone a rifare ESATTAMENTE la stessa cosa che è il trend in questione. Altro che plagio dell’AI! ;-)
Il futuro della creatività passa e passerà sempre più dall’intelligenza artificiale, non certo da lasciare da sola a dominare il mondo, ma come alleato potente per trasformare il nostro modo di creare, puntando sia su quello che vogliamo dire, mostrare, raccontare, sulla nostra capacità di esplorare nuovi mondi di scoperte che possano generare delle vere emozioni in chi guarda (fruisce, compra), nella capacità di influenzare e quindi di essere visti come riferimento, e non, al contrario, andare verso l’oscurità. Siete interessati a capire come? Leggete l’annuncio qui sotto…
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