I clienti vanno ascoltati. Anche quando dicono le bugie...
Avere successo sul mercato richiede sensibilità nell'ascoltare gli utenti e i clienti. Spesso non è facile, perché non sempre dicono la verità, ma anche perché noi non vogliamo sentire.
Una delle regole del mercato è che serve ascoltare i clienti.
Non è un caso che ingenti investimenti vengano rivolti alla ricerca di mercato, al creare processi che prevedono interviste, il continuo e costante monitoraggio delle reazioni, anche usando sofisticati studi legati alle neuroscienze. Capire la mente, capire i desideri, se possibile anticiparli.
Su quest’ultimo concetto - quello dell’anticipare le esigenze - abbiamo costruito da sempre il nostro approccio, e ricordiamo che Steve Jobs spesso diceva che non si può chiedere ai clienti cosa desiderano, significherebbe arrivare troppo in ritardo con un prodotto, bisogna arrivare prima della percezione di un bisogno, se si vuole avere successo e non arrivare tardi.
Il vero problema, però, è quando si ascoltano gli utenti e non si prevede che potrebbero dire delle "bugie"; non volutamente, non per portarci sulla strada sbagliata... semplicemente perché a volte alcune cose "false" suonano meglio di quelle "vere". Tanti anni fa, sono stati chiamati dei ragazzini e ragazzine per una ricerca di mercato nel settore della fotografia ed è stato chiesto loro se reputavano migliore, secondo il loro gusto, una fotocamera colorata oppure nera e di motivare quella preferenza, indicando anche il colore che avrebbero preferito. La larghissima maggioranza di questi giovani intervistati avevano scritto di preferire una fotocamera colorata: chi gialla, chi rossa, chi rosa, e la motivazione era che erano giovani, amavano le cose colorate, oppure che amavano un colore in particolare per qualche motivo. L'intervista prevedeva un finale, ovvero: i giovani sono stati portati in una stanza e per ringraziarli del "lavoro svolto" hanno potuto scegliere una fotocamera come regalo, dovevano scegliere solo il colore. Praticamente tutti hanno scelto quella nera. È un po' come i risultati delle statistiche degli exit poll e le reali percentuali di voto, molte persone esprimono preferenze condizionate da tanti fattori, quando le esternano, e non sempre sono quelle che scelgono nella propria intimità.
C'è però un altro, pericolosissimo, effetto quando si ascoltano gli utenti: quello di farlo pensando di sapere prima cosa pensano. È davvero il rischio maggiore, perché si trasforma un’opinione esterna (agli utenti, perché è quella nostra) in un fatto comprovato dai fatti, e non è così. Di solito, si tende a pensare che quello che noi pensiamo sia giusto, o ancor peggio quello che per noi è importante, lo sia evidentemente anche per gli utenti/clienti. Ed è quello che sta succedendo nel mestiere, sempre più complesso, del fotografo/a. Una passione, una storia, un’attenzione per certe sfumature (la qualità, i dettagli, la resa, la luce, le attrezzature prestigiose) che vengono considerati come i valori aggiunti per i clienti. Pensiamo alla fotografia di matrimonio: sebbene gli sposini chiedano ancora oggi l'album elegante, raffinato, la fotografia d'autore, la mano del professionista... quello che davvero vogliono è trasformare il loro matrimonio in un evento virale sui social, contemporaneo, super cool; è probabile che l'abito da sposa ormai venga definito l'outfit, come per le influencer e il sogno non è la foto da stampare e da mettere in salotto, ma il video su Tik Tok o Instagram che possa fare più visualizzazioni. E poi... non amano la perfezione, anzi li annoia.
Già, la perfezione. La perfezione è una droga, che si ruba tutta l'attenzione di chi ne è dipendente. Si guarda al dettaglio e si finisce con il non guardare all'essenza, all'insieme, al percepito. Mentre le aziende che si occupano di innovare nella fotografia presentano sensori da oltre 250 o 400 megapixel (che no, non sono destinati all'uso fotografico, ma di sicuro stimolano le emozioni dei "drogati da qualità"), i giovani (che sono il mercato) ed in particolare la Generazione Z, sono attratti dalle fotocamere compatte economiche, un fenomeno culturale in controtendenza rispetto al dominio degli smartphone. Nonostante il mercato globale delle fotocamere digitali abbia subito un crollo del 93% nelle vendite dal 2010, si osserva una nicchia in crescita legata alla nostalgia per dispositivi retrò e all'esperienza tattile dello scatto fotografico. In particolare, è nato un movimento #y2k su TikTok che ha trasformato le fotocamere digitali degli anni '90 e 2000 in oggetti di culto, con hashtag come #digitalcamera che superano i 2 miliardi di visualizzazioni. Quello che apprezzano, oltre all'estetica, è l'effetto "low-fi": le limitazioni tecniche (rumore digitale, colori saturi, ma anche il "flash sparato", che appare più evidente rispetto alla "lucetta" degli smartphone che erroneamente viene anch'essa chiamata flash) creano un'estetica autentica, contrapposta alla post-produzione degli smartphone. Dal punto di vista pratico, le vendite di compatte usate su piattaforme come eBay sono aumentate del 40% nel 2024 e i modelli iconici come la Canon PowerShot G series e la Sony Cyber-shot DSC-WX350 hanno visto rialzi dei prezzi del 25% nel mercato secondario. Qualcuno dirà che è una moda passeggera, ma gli esperti sono di un'altra opinione e la motivano molto chiaramente. Ci sono siti dedicati a mostrare e raccontare il trend con immagini che agli occhi dei giovani hanno un’atmosfera che semplicemente il cellulare non può dare.
Cosa rimane, di questo pensiero? Che la fotografia professionale dovrebbe "ascoltare" di più il sentimento del mercato, essere meno arroccata sulle sue posizioni tradizionali che purtroppo ne stanno decretando un arretramento costante e continuo. Perché sebbene il Ministero della Cultura abbia presentato ad aprile 2024 un Piano strategico per lo sviluppo della fotografia in Italia (un'importante iniziativa che segna un punto di svolta nella politica culturale italiana nel settore fotografico che vuole operare attraverso una duplice strategia: preservazione e valorizzazione del patrimonio fotografico esistente e sostegno e promozione del settore fotografico contemporaneo nelle sue molteplici espressioni artistiche e professionali con un investimento di 2.700.000 euro, distribuiti strategicamente su tre assi principali), di fatto non possiamo certo sperare che la soluzione arrivi da questo. I fotografi non possono continuare a guardare la fotografia con i propri occhi, ma con quelli dei clienti, che chiedono: naturalezza (non solo nelle espressioni, ma specialmente nel sapore), viralità (cosa fanno i fotografi per offrire questa viralità? il sogno di una giovane coppia di sposi è riuscire ad essere taggati da un'influencer famosa o famoso... quello sì che sarebbe il top per loro). Poi c'è l'originalità, la capacità di stupire, di emozionare... sono tutte cose che dovrebbero stare davanti alla creatività riferita a questo pubblico, che certamente ha un approccio diverso rispetto al passato, ma non siamo noi che dobbiamo determinare il gusto, semmai dobbiamo andare incontro al gusto. Anche quando, forse, non è il nostro, perché essere dei professionisti non significa usare attrezzature professionali, software professionali, schede professionali. Sì, lo sappiamo: fa male, e non siamo qui a creare tensione, ma ad aiutare il mercato a trovare la giusta direzione.
E a coloro che, giustamente, dicono che bisogna proporre di meglio, e che c'è un pubblico di persone che queste cose le capiscono, le apprezzano, le comprano, quello che aggiungiamo è... di fare sia una cosa che l'altra, e non solo rinchiudersi in un isolamento di scontentezza e delusione. La fotografia è quanto mai viva, ma bisogna vestirla con abiti moderni, e gli abiti moderni non basta indossarli, bisogna sentirseli addosso. Entrare nel mondo, nella mente, nelle emozioni dei vostri clienti, specialmente quelli più giovani, sarà un'occasione per dare più entusiasmo e positività anche al vostro futuro. Alla fine, i giovani hanno quasi sempre ragione, non tanto perché in assoluto lo hanno ma perché il mondo è loro.
Buona settimana a tutti, ci vediamo e leggiamo domenica prossima, come consueto.
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