I fotografi dovrebbero parlare meno di fotografia (sui social)... per il loro bene
I nuovi media permettono di creare una connessione con possibili utenti, clienti, pubblico, ma bisogna capire bene come comunicare, come non commettere errori e come apparire cool ;-)
Proprio oggi ho visto un video di un fotografo professionista che, su una piattaforma di video verticali popolata da quasi un miliardo di persone (quasi 30 milioni solo in Italia), molti tra i quali giovani e giovanissimi, spiegava con piglio professionale e purtroppo un po’ saccente, la “stupidità” dei costruttori di smartphone nel produrre - e di conseguenza degli utenti che poi acquistano questi smartphone - moduli fotografici che arrivano a molte decine se non centinaia di megapixel. Tutto questo, dimostrando (purtroppo no…) di avere piena competenza in ambito della comunicazione visuale usando, nella suddetta piattaforma di video verticali, un video orizzontale, un tono di voce e una lunghezza eccessiva di messaggio che purtroppo avrà portato il target a cui dovrebbe rivolgersi (se si usa una piattaforma fortemente frequentata dai giovani, bisogna ottimizzare il ritmo al quale i giovani sono abituati) a “skippare” il messaggio stesso, e questa azione porta, di fatto, a dire agli algoritmi che quel contenuto non interessa, mandandolo di fatto in periferia dell’ascolto e della visione. Nella pratica, nessuno lo vedrà mai più.
Oltre a questo, che appare un tecnicismo ma che non lo è, se ci si pone come “professionisti dell’immagine”, non si può sbagliare il modo di comunicare con l’immagine, e se si vuole parlare ad un pubblico e si vuole cambiare “le regole del gioco”, bisogna sapere quali armi usare per contrastare il fatto che si stia seguendo “una strada opposta”. Si vuole usare un video orizzontale in una piattaforma di video verticali? Bene, con quale forza, a parte quella di “voler apparire” boomer? Vogliamo usare minuti di video invece che pochi secondi? Bene, ottimo, per di più possiamo confermarvi che la tendenza premiante su TikTok porta verso video più lunghi (dove “lungo” è un parametro da contestualizzare, parliamo di 1.30 invece che 30 secondi, per capirci...), al tempo stesso cosa facciamo per guadagnare in ritmo per tenere incollate le persone per più tempo al video stesso? Tagli? Effetti, tono di voce, cambio repentino di inquadrature, originalità, suono... Se no lungo è solo (agli occhi del pubblico, non in assoluto) noioso.
In più, bisogna capire che parlare di cose che “pensiamo di sapere” non sempre ci porta a dire cose giuste. Il tema, vetusto, dell’inutilità della risoluzione eccessiva dei sensori, a fronte delle dimensioni microscopiche dei sensori stessi degli smartphone, non può essere analizzato solo in modo “vecchio”, perché i sensori e la fotografia digitale sono cambiati molto, dalla loro nascita negli anni ’70 (già, parliamo del 1973) e specialmente negli ultimi 10 anni quando la spinta della fotografia digitale è stata legata indissolubilmente a quella della crescita del mercato degli smartphone stessi.
In questo ultimo decennio, oltre ai meccanismi commerciali e marketing che hanno spinto la proposta di sensori negli smartphone a risoluzioni eccessive solo per “far parlare i numeri” e convincere miliardi di persone ad acquistarle (e questo fotografo è rimasto a questo concetto, che appunto ha oltre 10 anni di storia, dieci anni fa lo scrivevamo, con buoni motivi, in questa stessa newsletter) si è sviluppata quella che è chiamata fotografia computazionale, dove le informazioni catturate dai pixel non servono solo (quasi mai) al creare immagini più grandi, quindi “stampabili”, ma a creare calcoli in tempo reale, analizzati da processori sempre più potenti, incredibilmente potenti, che contribuiscono a creare immagini migliori, ad eliminare problemi, a ricostruire dettagli, oppure a creare effetti e rese sempre più complesse, come simulare lo sfuocato, come ottimizzare la resa nella fotografia macro, modellare una luce “virtuale” nel ritratto, recuperare dettagli e ridurre il rumore nelle scene poco illuminate. Oltre al sempre più predominante ruolo nell’integrazione dell’AI per creare immagini “fantastiche” (non necessariamente sinonimo di “BELLE”, ma frutto di forte componente fantasiosa). Per riuscire in questi miracoli, si usano sensori ad altissima risoluzione, che catturano DATI più che “parti di immagini”, si usano diversi moduli/fotocamere che uniscono e fondono informazioni visive all’elaboratore che crea poi le immagini definitive, e il risultato è sconvolgente da quanto qualitativamente elevate possono risultare.
I fatti, quindi, spiegano - se si vogliono comprendere, studiare, approfondire - i motivi di una tecnologia che è cambiata, e cambia ogni anno, con una velocità impressionante. Se invece si cerca di parlare (e di apparire esperti) senza accettare che quello che pensiamo sia vero, nel frattempo potrebbe essere diventato vecchio, allora purtroppo stiamo facendo un’informazione sbagliata, e il web e i social sono così pieni di informazioni false che, sinceramente, non se ne sente l’esigenza.
Se si vuole essere protagonisti, mettere a frutto una cultura e una professionalità acquisite in anni (decenni) di lavoro, non ha senso seguire strade che comunicano male (non raggiungono), che dicono cose sbagliate, ma ancor di più che non creano valore, vantaggio, utilità. Apparire come quelli che “sanno” non è una strada per essere apprezzati, lo sappiamo bene perché ogni giorno combattiamo nelle classi dove insegniamo e sappiamo sempre di più che il modo per essere “ascoltati” non porta al far “cadere dall’alto il sapere assoluto”, ma trovando un modo per dare fascino ed utilità a quello che si insegna, trasformare in “qualcosa di concreto” quello che si sta spiegando.
E poi c’è il “come”... se si vogliono usare nuovi media, bisogna imparare ad usarli, sfruttarli, interpretarli. In questo periodo, un modo nuovo di fruire dei video, tra i giovani, sono definiti Sludge Videos (video “fangosi”?). Il contenuto “Sludge" è un tipo di video virale che presenta più clip riprodotti contemporaneamente su uno schermo, per attivare maggiormente interesse e alimentare la dopamina. Non diciamo che, necessariamente, questa sia una bella cosa (fango...), ma gli scienziati ne spiegano il motivo del successo, se volete in questo articolo approfondito di Scientific American potete scoprirlo.
Se non vi sentite “a casa” in questi mondi, che corrono troppo, che non usano il vostro linguaggio, che non mettono in luce pause e percorsi mentali più profondi, allora potete cambiare strada e magari puntare sul potenziare qualcosa che è più nelle vostre corde. Due esempi, visti in questi giorni nelle vie di Milano:
1) Un negozio per creare “fototessere” con lo stile amato in Giappone e nei Paesi asiatici, che trasforma questa disciplina in qualcosa di esperienziale e da scoprire.
2) Un banco ottico in piazza del Duomo che propone l’esperienza di un ritratto da “camera oscura” dal fascino incredibile per tutti, specialmente per i giovani.
Pensateci, prima di fare un prossimo video che dice cose che, agli occhi dei destinatari ipotetici (che non lo vedranno comunque mai a causa degli errori di comunicazione e di struttura tecnica e narrativa) saranno solo noiose, altezzose e poco utili... Fare invece qualcosa che crea fascino, emozione, ispirazione. Ci guadagnerete voi, e ci guadagnerà il vostro “pubblico”.
INFORMAZIONE UTILE PER VOI
È uscito il video della LIVE di Gennaio di Aiway Magazine, dove per due ore abbondanti parliamo di:
Come ottenere immagini AI di altissima qualità usando la tecnica dell’Image Prompting, che permette di usare una o più reference di immagini (vostre o libere da diritti) per creare nuove immagini che sono ispirate a quelle che avete in mente. Una tecnica davvero potente che potete usare anche per progettare nuove immagini che poi potete, se volete, realizzare fotograficamente. Per esempio: volete spiegare ad un vostro cliente un progetto di immagini per una campagna pubblicitaria o per un progetto di comunicazione? Ecco, potete usare questa tecnica per presentare le vostre idee, visivamente.
Abbiamo parlato di come “proteggere” le vostre immagini generate con AI da consegnare ai vostri clienti. Lo sapete che contengono dei metadati che possono fornire informazioni che non volete “far uscire” all’esterno? Abbiamo spiegato nella LIVE come fare!
Come integrare all’AI generativo la vostra esperienza fotografica e tecnica sviluppata in anni, per ottenere risultati controllabili e perfetti. Anche questo, nella registrazione della LIVE.
Conoscere la nuova e più evoluta generazione di creazione di immagini AI per ottenere i risultati più vicini alla vostra immaginazione. Ci sono attenzioni, metodi, tecniche che sono a vostra disposizione e che spieghiamo (non importa se siete alle prime armi, le spiegazioni sono molto chiare e semplici, anche se portano a risultati di altissimo livello professionale).
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L’immagine di apertura realizzata dal team di Aiway con la collaborazione dell’AI.