I ritmi delle evoluzioni, le rivoluzioni digitali e la musica di Kate Bush
Ci sono rivoluzioni che abbiamo a portata di mano, ma non riusciamo sempre a percepire, anche quando ci vengono mostrate, e ci sono accelerazioni che ci lasciano senza parole, ma aiutano a capire
Diversi anni fa, quando tutto era “diverso”, abbiamo fatto una consulenza ad un’importante agenzia di immagini fotografiche, si parlava di una attività che tecnicamente gli esperti del settore potrebbero chiamare Customer Value Proposition (CVP) che è la promessa di valore che l'azienda fa ai propri consumatori e che dovrebbe rafforzare i motivi per comprare il prodotto offerto rispetto al prodotto dei competitors. In realtà, la richiesta fatta dal cliente era più “semplice”: ripensare al logo, al sito, e così via, ma questo è il primo punto importante da considerare: tutto quello che “appare” del nostro prodotto e/o servizio dovrebbe essere concretamente collocato all’interno non di una visione del “semplice cambiare abito”, ma del far crescere il nostro business, e la CVP è anch’essa solo una parte di questo quadro. Molto più importante, secondo noi, specialmente in questa era digitale, è cercare di guardare alle idee che possono portare un brand, una azienda, un professionista a proporsi in modo diverso, per esempio usando strategie di digital disruption (il cambiamento che avviene nel momento in cui arrivano le nuove tecnologie digitali e i modelli di business sviluppati con esse, creando nuovi posizionamenti, scovando nuovi target di mercato, e creando nuovi bisogni).
In quel contesto, la proposta che avevamo fatto era proprio di “digital disruption”: abbiamo detto: invece che fare qualcosa per proporti ai tuoi clienti tradizionali (i media), trasformati in media. Proponevamo l’idea di essere creatori di un proprio e personale futuro indipendente, invece che combattere in quel territorio in cui i prezzi crollano e gli attori che dovrebbero essere la forza economica non trovano modi per stare a galla (o, se ci stanno, fanno fatica e quindi guardano al come ridurre i costi anziché crescere, insieme a loro i partner). Si, lo sappiamo che le rivoluzioni portano a situazioni iniziali di rischio, di crollo, di perdita, ma le rivoluzioni a volte sono necessarie, comprese le criticità che si portano dietro. Beh, quelle idee non sono piaciute (lecito), non sono state capite (comprensibile), forse erano sbagliate (magari), forse è stato giusto non considerare queste visioni che erano, di sicuro, premature (certamente premature, ma era quella la forza). Il problema è che il mondo digitale non consente di agire quando il mercato è maturo, perché la velocità è regina, ma si trasforma in boia se non si è in grado di reagire in tempo reale.
La storia corre e oggi abbiamo parecchie realtà che stanno dirottando sforzi e soldi sullo sviluppare piattaforme che puntano sulla creazione di immagini che puntano alla cultura di quella agenzia. Una si chiama Poparazzi, il nuovo social anti-Instagram che contrasta il fenomeno dei selfie e funziona alla rovescia: il profilo può essere coltivato solo con le foto caricate dagli amici, oppure BeReal, app che permette di condividere foto di se stessi e della propria vita, ma con una fondamentale regola: tutti devono postare una sola immagine al giorno, ma obbligatoriamente alla stessa ora per mostrare quello che si sta facendo in quell’esatto momento, mostrando quindi una “vita reale” e non costruita. Inoltre, quando si pubblica un BeReal, l'app scatta una foto utilizzando sia la fotocamera anteriore che quella posteriore, in modo che le altre persone possano vedere il tuo aspetto e dove ti trovi.
La storia, come dicevamo, corre, chissà perché ci è venuto in mente questo fatto, è molto vecchio e non ci avevamo più pensato per anni, oggettivamente non è un fatto interessante, però l’altro giorno è successo qualcosa in Italia, in quell’Italia che si crede che sia ancora il Paese del passato, della tradizione e dove le innovazioni sono lente. È così “strano” che si parli di cose del genere in Italia che perfino l’internazionale Financial Times ne ha parlato: Chora Media, una realtà editoriale nata solo 18 mesi fa per lavorare nel “nuovo” settore dei podcast ha acquisito una realtà di informazione su Instagram che si chiama Will Media, anche lei giovanissima, per diventare uno dei principali poli di informazione con la sua pagina Will_Italy su Instagram rivolta specialmente alle nuove generazioni. Si vocifera di un accordo superiore ai 5 milioni di euro, e questo deve far riflettere, perché entrambe le aziende non hanno ancora dei numeri che possano giustificare formalmente questi valori di investimento, ma è proprio quello che si diceva: il mondo digitale corre veloce, e bisogna armarsi e partire prima che tutto sia già intavolato alla perfezione. Un progetto coraggioso, che è stato comunque visto positivamente da chi aveva paura che, invece, un’idea fresca come Will potesse essere fagocitata da una realtà editoriale tradizionale che probabilmente non avrebbe avuto nel suo DNA la capacità di farla crescere nel modo giusto, ed anzi forse l’avrebbe invecchiata ed avvicinata al mondo “tradizionale”. Al tempo stesso, ovviamente, ci sono anche reazioni scettiche, sul possibile risultato positivo nel medio termine, ma noi rientriamo nella prima categoria, perché siamo abituati a guardare in avanti, e davanti a noi non c’è spazio per un’informazione “alla vecchia maniera”, perché quelle che chiamavamo “nuove generazioni” - ovvero i Millenials - stanno arrivando e superando i 40 anni, e la Generazione Z è vero che parte dai 12 anni ma arriva ai 27 - sono il target più ampio e concreto della nostra società, e continuano a crescere, invecchiare e prendere i “posti” dei vecchi veri. Se vogliamo costruire qualcosa, dobbiamo pensare a loro!
Ma c’è di più: il business dell’informazione e dell’intrattenimento è quello della pubblicità, principalmente. Certo, ci sono molti progetti (sui quali contiamo ed investiamo tantissimo) che puntano sulla qualità da monetizzare con abbonamenti e pagamento dei contenuti, ma funzionano sulle nicchie e bisogna essere tanto tanto bravi, innovativi, creativi e competenti per riuscire a seguire questa strada. Per il resto, c’è la strada invece della pubblicità, la stessa Netflix ha deciso di proporre un abbonamento a basso costo supportato dalla pubblicità (l’ufficialità, dopo tante voci di corridoio, è arrivata qui, ed è per molti una eresia), dopo il brutto colpo della perdita di oltre 200 mila abbonati nell’ultimo periodo. Ma la pubblicità è cambiata… chi ancora punta su banner, su spot e su jingle davvero fa sorridere: è la pubblicità della “Milano da bere” degli anni ‘80 o precedenti, che ancora viene proposta, ma che nessuno - specialmente i giovani, che come detto sono ormai la maggioranza del pubblico a cui rivolgersi - guarda più. La strada è quella del “branded content”, ovvero dei contenuti che vengono percepiti come tali dagli utenti, e quindi sono interessanti, intelligenti, ben realizzati, creati con cura e con “sostanza” che però trasmettono indirettamente, mai direttamente (se no si chiamano “marchette”) messaggi di interesse di un brand. I branded content si fondono, si mescolano con i contenuti “redazionali” per creare un messaggio unico, senza frizioni e catturando il pubblico. In questo mondo ci sono ovviamente anche le attività degli/delle influencer, ma anche queste sono in fase di evoluzione perché devono essere meno sfacciate. Qualche giorno fa, ascoltando un podcast, ho sentito dire che gli influencer di oggi sono gli uomini (donne) sandwich che si posizionavano - decine di anni fa - davanti ai negozi “indossando” cartelloni per promuovere un prodotto. I branded content sono cose serie, portano qualità di contenuto e ricchezza di proposte, ma con intelligenza parlano un linguaggio che avvicina utenti e brand. Un mercato, così tanto per snocciolare un dato, che si è attestato su 568 milioni di euro nel 2021, e che nel 2022 dovrebbe crescere del 9% raggiungendo i 619 milioni di euro. Certo, la televisione ancora detiene il maggiore peso, ma è in discesa e… per fare televisione non bastano le cifre che servono per aprire un social, un sito, un podcast, una newsletter (oh… questa è una newsletter…).
Will e Chora Media giocano in questo campo: producono contenuti che fanno grandi numeri perché sono pensati per il consumo e le esigenze di chi oggi “consuma contenuti”, lo fanno con mezzi che hanno un investimento iniziale molto inferiore (non zero, non fate l’errore di crederlo), ed è misurabile che è poi la cosa più richiesta nel mondo della comunicazione: poter verificare reazioni, pubblico, target, numeri. E in questo c’è un’altra scommessa difficile, quella che porta verso una maggiore sensibilità verso la privacy e quindi alle reazioni negative che gli utenti mostrano nei confronti di chi tenta di “tracciarli”, ma è un argomento che non riusciamo a trattare in così poco spazio.
Si, ma come agire?
Lo sappiamo che discorsi così allargati fanno perdere la visione del “ok, cosa bisogna fare”? Proviamo a farlo, a punti:
Sapere che questi mondi si muovono, fluidi e veloci, e bisogna seguirli, comprenderli, analizzarli per capire quali sono gli spazi che possiamo occupare.
Provare a trovare connessioni tra varie idee per creare un progetto che unisca elementi che separatamente magari sono “semplici” (e quindi già usati) ma uniti possono diventare esplosivi. C’è una ragazza che ha avuto un successo incredibile, e ora super copiato, spiegando funzioni di Excel su Tiktok…. chi lo avrebbe mai detto? Lei…
Dedicare del tempo ogni giorno (anche poco, ma ogni giorno) a fruire contenuti nuovi senza avere un approccio critico ma solo di curiosità (semmai, la critica arriva dopo, non prima)
Provate a pensare: ma quello che faccio oggi, come potrei farlo in modo completamente diverso? Come potrei trasformare il mio maggiore problema nella migliore opportunità?
La vostra principale area di business, come potete renderla ancora più forte, usando meccanismi di digital disruption? In pratica: posso “rompere” il mio vaso più prezioso per crearne uno ancora più prezioso? Questa è la cosa più difficile, quella che farà storcere il naso, ma iniziate almeno a “ipotizzare”. Gillette, quella delle lamette, fa questo da sempre: per sviluppare un nuovo prodotto distrugge il precedente.
Ricordiamoci che ogni attività, per quanto di successo, non può proteggersi dall’innovazione se non accetta di doversi sempre mettere in gioco, chi non l’ha fatto sono aziende come Nokia, Kodak, Myspace. Le prossime potrebbero essere Facebook, Instagram, Tesla…
Se avessimo l’occasione di tornare a parlare con quella agenzia di immagini, sarebbe bello capire se ora i pensieri si sono modificati, se oggi puntare su un mondo senza “intermediari” e unire chi fa contenuti e chi li fruisce inizia a prendere un senso più concreto. E chissà se oggi questo approccio sarebbe ancora attuabile, in quel contesto specifico: forse all’epoca troppo presto, forse ora (ma forse no) troppo tardi. Quello che è sicuro è che le occasioni di vedere esplodere dei cambiamenti, con la rapidità di contaminazione che le piattaforme digitali consentono, è incredibile, e deve davvero diventare un mantra per tutto: sia per creare fiducia, speranza, entusiasmo, sia per comprendere i ritmi e le evoluzioni. Poche settimane fa, in un episodio della serie Stranger Things, su Netflix (piattaforma digitale, non confondetela con “la TV”) ha trovato spazio una canzone di 37 anni fa, di una delle artiste che abbiamo più amato da sempre, Kate Bush. Sono bastati 4 minuti, visti però probabilmente da un centinaio di milioni di persone nel mondo, per far scalare di nuovo Running Up That Hill in tutte le classifiche, e ha fatto riscoprire questa artista inglese dalla voce magica alle nuove generazioni. Quattro minuti, nemmeno quei 15 professati da Andy Warhol, sono bastati per una rinascita di una artista che solo i “vecchietti” come noi ancora ricordavano ed apprezzavano (ed ascoltavano).
Il futuro è davanti a noi, ma ancor di più attorno a noi. Non dietro, attorno…
Qui sotto, il “Weekly Jumper”, una raccolta di link interessanti che abbiamo scovato e che condividiamo con voi, commentandoli ed enfatizzando il lato interessante di quanto segnaliamo. Ve li proponiamo in ordine sparso, con leggerezza, d’altra parte siamo quasi in clima vacanze:
Usate spesso Zoom? Ecco qualche consiglio (sono sette in totali) per sfruttarlo al meglio.
Abbiamo parlato di Netflix, magari siete degli appassionati delle loro serie TV. Se è così e state pensando alla vostra prossima (prossima anche come “vicina”) vacanza, qui ci sono dei tour per scoprire i luoghi dove sono state vissute alcune delle serie tv più famose.
Se vi interessa creare attenzione per un logo (magari il vostro o quello di un cliente), grazie ad una efficace animazione, leggete questo interessante articolo.
L’arte? Vive su un monitor, qui si parla dell’esposizione dell’artista Anish Kapoor proposta all’Art Basel.
La sostenibilità è un tema che vi interessa? Ci auguriamo di si, è un problema così grande che non può essere messo in disparte. Qui trovate un articolo molto interessante che segnala: ci siamo inventati una cosa che non esisteva in natura: i rifiuti. E questo sta caratterizzando la nostra esistenza e il segno che lasciamo nel cosmo. Ammetterlo vuol dire reimmaginare come pensiamo e cosa progettiamo. Merita di essere letto.
È tornato il fantastico e acclamato videomaker Leonardo Dalessandri, dopo avere emozionato tutto il mondo (partendo da Moliterno, sua città di origine) con un video leggendario dedicato alla Turchia, e ha pubblicato qualche giorno fa una sua nuova opera dedicata alla Cina. Mettetevi comodi e guardatelo, a pieno schermo, con audio ad alto volume e poi riguardatelo 1, 10, 100 volte, perché questi lavori hanno proiettato Leonardo al top del mondo della produzione di pubblicità video, con clienti come Apple, birra Corona e molti altri.
Samsung ha presentato un nuovo sensore per smartphone caratterizzato da una risoluzione pari a 200 milioni di pixel. La battaglia continua…
Il metaverso a caccia di uno standard che possa permettere interazioni tra le sue mille interpretazioni. Per ora molte aziende tra cui Adobe, Alibaba, Autodesk, Epic Games, Huawei, IKEA, Meta, Microsoft, NVIDIA, OpenAR Cloud, Qualcomm Technologies, Sony Interactive Entertainment e molti altri si stanno parlando qui. Ovviamente mancano nomi importanti alla lista, ma c’è ancora tempo.
Ci sentiamo settimana prossima, con degli annunci importanti ;-)