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I tasselli del digitale: per capire bisogna unirli, lo abbiamo fatto (e siete invitati)
A guardarle singolarmente, è difficile capire che le rivoluzioni non sono isolate, ma si integrano tra loro, disegnando un quadro che diventa chiaro solo nel suo insieme. Uniamolo insieme!
Immagine realizzata da Jumper
L’innovazione non è facile da prevedere, da digerire, da monitorare. Troppo facile cadere eccessivamente da un lato, o dall’altro: quello dell’entusiasmo e, all’estremo opposto, quello dell’indifferenza, caratterizzata dall’approccio del: “io so che non funzionerà mai”. Come se si potesse sapere: la rivoluzione porta con se un elemento fondamentale, di proporsi come qualcosa che prima non c’era e quindi è difficile comprenderla fino a quando non ci siamo dentro. E “dentro” non significa la percezione, spesso distorta, della sua manifestazione agli albori, quella che genera inizialmente sensi anche molto forti di paura o di entusiasmo, ma “dentro” è quando ci avvolge completamente, e spesso ci impedisce di uscirne: ci siamo entrati, ci ha raggiunto, e nemmeno lo abbiamo notato fino all’inevitabile.
Ci sono grandi realtà dell’economia e della consulenza aziendale, come per esempio Gartner, che ha addirittura creato dei grafici (il ciclo di hype) che mostrano le fasi dell’evoluzione delle rivoluzioni, per comprendere l’andamento dell’innovazione, ma tutti gli strumenti che freddamente cercano di indicare delle strade con un metodo all’apparenza sicuro e certificato, rischiano di confondere ancor di più: non perché non abbiano fondamenti di verità, o che non siano utili, ma distolgono l’attenzione dal fatto che le rivoluzioni influiscono, nelle persone (non nelle aziende: stiamo parlando di persone) su un livello più profondo rispetto alla teoria. Quando si è in mezzo alla tempesta, non si guardano i grafici, si cerca un tetto per ripararci.
L’altra questione difficile da comprendere, sempre per le “persone”, è che le rivoluzioni non prendono il biglietto come nella fila dal salumiere: non c’è un turno per una rivoluzione, e quando questo turno si esaurisce arriva il momento per la rivoluzione successiva. Al bancone della vita, tante rivoluzioni chiedono, in contemporanea, due etti di prosciutto crudo, ed è il caos: di solito, vince chi spinge di più, chi parla a voce troppo alta, o chi cerca di mettere in evidenza i suoi punti di forza (o quelli deboli, che nel caso delle code funzionano meglio, come gli anziani che pur avendo tutta la giornata libera, pretendono di avere la priorità nell’ora di punta di chi ha solo pochi momenti prima di dover tornare al lavoro — è capitato anche a voi, vero?!).
In questi ultimi due o tre anni, abbiamo vissuto tante rivoluzioni che si sono sovrapposte, e l’impressione è quella di rimanere storditi, di non sapere esattamente da che parte guardare, in cosa credere, in cosa investire (anche solo in formazione, conoscenza, tempo, se non addirittura in soldi e infrastrutture). Da sempre, cerchiamo di essere un avamposto che ci impone di osservare l’arrivare delle nuvole, delle tempeste, o della luce di un nuovo orizzonte. Lo facciamo perché è il nostro modo di guardare alla vita, cercando di anticiparla spesso, più che viverla davvero, e con l’impegno di poter avvisare chi ci segue, con tanta pazienza, per conoscere questi andamenti. Cerchiamo di preparare il terreno, a volte le nostre osservazioni ed intuizioni sono risultate molto precise e corrette, a volte abbiamo considerato troppo o troppo poco alcuni segnali, a volte per errori di valutazione (siamo umani, e nemmeno dei migliori), a volte perché la strada da noi percepita era effettivamente quella corretta, semplicemente la tecnologia a volte fatica a seguire l’andamento naturale delle evoluzioni e rallenta il flusso previsto. La questione della realtà aumentata è una di queste situazioni, in cui la tecnologia non sta riuscendo a trovare la strada del “senso” e della rivoluzione che vuole emergere.
C’è, infatti, una grande attesa, per l’ultima rivoluzione che ormai è sulla piattaforma di lancio: il famoso nuovo device da indossare di Apple, che dovevano essere gli occhiali per la realtà aumentata e mista, quelli che avrebbero mostrato l’evoluzione degli smartphone, rendendo forse addirittura obsoleto questo oggetto che è stato il prodotto di maggiore successo di mercato globale degli ultimi 15 anni. Non possiamo sapere come sarà esattamente questo device - in termini di design e di funzionalità - la sua forma è ancora sconosciuta (la scopriremo il 5 giugno, quando verrà annunciato [LINK]), ma quello che trapela, con un’inconsueta dovizia di dettagli rispetto agli standard di segretezza di Apple, sono le molte tensioni interne, i contrasti, gli atteggiamenti di distanziamento da parte di alcuni dei principali manager della Casa da quello che dovrebbe essere l’annuncio del decennio. Sembra che il prodotto non piaccia, stia preoccupando, che ci sia la paura di un flop pesante.
Doveva essere in partenza, infatti, qualcosa di simile a degli occhiali, leggeri, piacevolmente indossabili. Sarà probabilmente invece qualcosa di più vicino ad una maschera da sciatore, con un’alimentazione esterna da infilare in tasca perché la batteria troppo grande non si può inserire nelle stanghette, costerà attorno ai 3000 dollari (ci vuole molto entusiasmo per spenderli in questo oggetto), sembra proprio che sarà sostanzialmente più un prototipo che però verrà commercializzato come un prodotto “vero” e non per quello che probabilmente sarà: un esperimento intermedio. Ma sembra che si sia arrivati ad un punto di non ritorno: la presentazione e il lancio “si è deciso di farlo ora”, nel 2023, probabilmente per molte ragioni, e non nel momento in cui si potrebbe avere effettivamente il prodotto “giusto”, ovvero… tra forse quattro anni, come si ipotizza. Il progetto di partenza, quello che davvero poteva essere una rivoluzione, semplicemente sembra che non si possa realizzare nella realtà oggi: manca la tecnologia, mancano i requisiti.
Ciò nonostante, siamo sicuri che, in ogni caso, questa presentazione farà smuovere molte carte nella visione del futuro. La potenza del marketing di Apple è poderosa, quindi è sicuro che le attenzioni dei media, degli utenti e del mercato non rimarranno indifferenti a questo annuncio, che pur avrà il sapore di vecchio e superato sin dalle sue prime battute. Ci saranno, di sicuro, delle innovazioni incredibili all’interno di questo strumento: si dice che gli investimenti hanno superato, nei 7 anni stimati del suo sviluppo, il miliardo di dollari. E ci sono tasselli che sono stati seminati e sviluppati in questi anni che ora verranno uniti in un unico prodotto, che sarà probabilmente molto superiore a quello che abbiamo già visto finora (Oculus, MagicLeap, Hololens e altri, che stanno ancora più giù dal vertice di questi prodotti, anche se proposti da aziende importanti come per esempio Epson con i suoi occhiali Smart Moverio BT-40).
Sarebbe facile, a fronte di questo scenario, pensare che sia inutile occuparsene: sentiamo già le frasi di alcuni che diranno “ok, quando sarà maturo, allora ne riparleremo”, e sarà un errore. Le rivoluzioni non aspettano il turno dal salumiere, arrivano tutte insieme, e non importa se pensiamo che il numerino ci dia una gerarchia, non ci accorgiamo che tutti i numerini sono concatenati tra loro. A volte, un’innovazione ritarda anche perché mancano i presupposti per il suo successo, e si guarda quasi sempre e solo alla tecnologia, all’hardware… ma sono i motivi per usare una tecnologia che contano davvero. Cosa ce ne facciamo di un occhiale per la realtà mista ed aumentata, se ancora non ci sono motivi per usarla (a parte farsi “belli” con gli amici, come innovatori)? Facciamo finta che la tecnologia sia ok, e che il 5 giugno arrivi davvero (e non arriverà, non così) un occhiale che possa pesare poche decine di grammi (sul naso, il peso non è irrilevante come problema), che possa funzionare per almeno 12 ore continue (già, perché se guidiamo mica che possiamo accenderlo solo per pochi secondi per poi riporlo in tasca o nel cruscotto)… ma poi cosa ce ne facciamo? Possiamo voler interagire con un mondo digitale, immersivo, se ci proporrà qualcosa di utile, di bello, di stimolante. Potremmo anche acquistare un device che costa anche tanti soldi, ma a cosa ci serve? Su questo, sembra, non esserci traccia, e chi discute e analizza queste potenziali innovazioni, sembra non porsi le domande giuste.
Il mondo digitale non ha una sola sfaccettatura, ne ha infinite: avere accesso, con degli occhiali, ad un layer di informazioni e servizi realmente digitali, è un obiettivo necessario e auspicabile, ma il mondo digitale si sta ancora costruendo (lentamente) giorno dopo giorno, ed è fatto di tasselli, quei tasselli che forse strada facendo abbiamo dimenticato e/o che non riusciamo a collegare: i contenuti per la realtà aumentata, la mappatura per creare il metaverso, la blockchain, gli NFT, eccetera. Si è discusso di tutte queste cose, e di colpo sembrano legate al secolo scorso, un futuro che appare passato prima ancora di trovare un presente. Sentiamo già il vociare di chi dirà: lo avevo detto, erano tutte stupidaggini… Ma sono questi i tasselli che si uniranno, non sono tecnologie separate, sono un ecosistema digitale permeabile; vivremo osmosi tra tutte queste innovazioni, e quindi di colpo ci accorgeremo che servono elementi capaci di aggregare questi tasselli, che via via diventeranno sempre più parte di noi, della nostra vita.
Dobbiamo prepararci, imparare a collegare i puntini, e poi dobbiamo lavorare sui contenuti che saranno la chiave del successo di queste forme di futuro. L’iPod non ha avuto successo per la sua forma o per il suo colore bianco, ma perché permetteva l’accesso ad un universo di contenuti richiesti dalle persone (la musica), lo smartphone ha avuto successo perché ci siamo trovati il mondo intero a portata di tasca, degli occhiali per la realtà aumentata e mista ci porteranno ad allargare questo mondo, interagendo in modo immersivo: ma qual è questo mondo? Lo dobbiamo creare, lo dobbiamo inventare, lo dobbiamo sognare bello, utile, interessante, deve rendere possibile l’accesso a servizi e prodotti buoni (e qui torna il concetto di Blockchain che definisce le regole della proprietà di beni digitali, e degli NFT che devono uscire dalla logica speculativa e pseudo artistica).
Finora, pensare al creare contenuti per questa nuova piattaforma immersiva è stato un problema complesso e costoso: le prime esperienze del creare ambienti, scene, ancor più film, interazioni, percorsi narrativi alternativi… tutto questo richiedeva imponenti investimenti. Ma tutto questo sta cambiando, perché la rivoluzione delle rivoluzioni, quello che probabilmente sarà il collante di tutti questi elementi, è e sarà l’intelligenza artificiale che a fronte di un progetto e di un’idea, sarà in grado sempre di più di trasformarla in realtà. Per fare un esempio, abbiamo appena scovato questo tool [LINK] che permette di creare degli scenari a 360° usando l’AI e che - pur ancora ad uno stadio di partenza - appare sconvolgente. Ci siamo divertiti a fare una scena di una New York del 2199, distrutta e distopica, alla luce del tramonto, abbiamo scritto un prompt di poche parole (più o meno quelle che vi abbiamo segnalato) e il risultato è questo [LINK]. Un dettaglio importante è che Skybox, quella che ha sviluppato questa tecnologia con l’AI, è la stessa azienda che, anni fa, ha creato dei plug-in [LINK] per creare scene 360° all’interno di Adobe Premiere Pro ed After Effects, e che sono stati poi acquistati da Adobe nel 2018 integrandoli nei suoi software di trattamento del video (grazie all’amico Roberto Mancuso per avercelo ricordato). Se volete, qui sotto vi riportiamo un video che mostra una delle possibilità, quella di partire da uno sketch molto “basic” e poi… fare la magia.
In definitiva, quello che vogliamo dire è che il futuro digitale è fatto di tante connessioni: chi vede solo un dettaglio non avrà la visione di insieme che invece è fondamentale per trovare il proprio spazio, la propria occasione, la propria verità. Per questo, siamo molto contenti di annunciare un’iniziativa che stiamo realizzando con gli amici di Confartigianato Imprese Veneto che vuole parlare di innovazione in quattro appuntamenti (uno è in arrivo tra pochi giorni… quindi attivatevi subito) che hanno però una prospettiva unica, e l’intenzione è quella di fornire uno strumento, un “Radar”, per intercettare le giuste traiettorie per affrontare il futuro. Oltre agli appuntamenti che potete scoprire a questo [LINK], vi segnaliamo e vi invitiamo ad ascoltare le prime due puntare del podcast che, come Jumper, abbiamo realizzato e che raccontano la visione di questa iniziativa, ma specialmente approfondiscono i singoli temi che tratteremo, a partire dall’intelligenza artificiale.
Correte su Spotify [LINK] o su Apple Podcast [LINK].