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I vantaggi di una vita (anche) digitale
Metaverso e mondi virtuali sono lontani dalle persone più sensibili, creative, che si sentono lontane da tutto questo, ma sono proprio quelle più necessarie. Vi spieghiamo perché, proprio qui ;-)
Photo by mahdis mousavi on Unsplash
In questi mesi, tanto si parla di Metaverso, e tutto questo a causa delle dichiarazioni e delle presentazioni di Facebook, che proprio nel contesto di questa presentazione ha addirittura cambiato il nome della società, diventando Meta. Grande interesse, commenti, ma gli entusiasmi si possono percepire solo in certe fasce di età (giovani, giovanissimi), tra gli appassionati di tecnologia e di gadget digitali e, specialmente, tra chi pensa al lato speculativo. Quest’ultimo non lo rigettiamo, semplicemente gli eccessi di una visione che sta contaminando un’evoluzione sociale così importante come quella che stiamo vivendo in questo periodo, ci crea non poco fastidio (non rigetto, come dichiarato, ma un po’ di nausea…), ancor più quando si tratta superficialmente, senza approfondire, non cercando di capire le evoluzioni culturali che sono in corso.
Siamo sicuri che serva un coinvolgimento umanistico, lo pensiamo sempre di più, lo diciamo sempre di più e ci accorgiamo ogni giorno dell’importanza di aprire questi discorsi a quelle persone che ne rimangono all’esterno, che ne sono (giustamente) poco attratte. Perché è proprio di queste persone (voi, che ci leggete) che abbiamo bisogno, e ci mettiamo nella lista anche noi, che pur cronisti e commentatori di questo mondo che cambia da tanti anni, ci sentiamo parte del cambiamento necessario e non solo esterni analisti.
Il bello è che possiamo vedere che questa sensazione di “umanesimo digitale” è sempre più forte, ogni giorno percepiamo che c’è una comunità di persone che, pur provenendo da culture e interessi diversi, tendono ad accorgersi di cose che comunque confermano questa visione critica nei confronti di un approccio “totally digital” che non costruisce nulla di positivo, ma che invece può essere un campo di evoluzione molto importante per gli esseri umani. Perché non dobbiamo guardare al futuro, per assaggiare il Metaverso; per l’interpretazione di Facebook c’è, forse per fortuna, da attendere ancora diversi anni, ma ci sono mondi che già sono immersi in esperienze simili, le piattaforme sono tantissime e forse sarebbe utile esplorarle, non tanto per trarne dei risultati, ma per capire le potenzialità.
I giovani sono già lì, nel metaverso, non è che ci stiano attendendo, di fatto non sanno cosa farsene di noi, quelli che sembrano scaduti come uno yogurt, ma possono mostrarci che, per loro, partecipare in mondi ibridi, che si chiamino Roblox o Twitch, Fortnite o Decentraland poco importa, per loro non c’è una “seconda vita”, come dal nome delle celebre piattaforma di cui abbiamo (ri)parlato qualche mese fa, ma una vita che fonde senza interruzioni esperienze “reali” e quelle “virtuali”. Dobbiamo lavorare sulla nostra mente, tutti insieme, da “persone”, da “umani”, per accettare con maggiore naturalezza questa unione che ci porta ad un unico mondo, e ovviamente cercare di trovare una propria dimensione, un proprio spazio e un nuovo equilibrio.
Un paio di giorni fa abbiamo letto la newsletter alla quale siamo abbonati di Federica Salto, giornalista apprezzata nel mondo della moda, che ha parlato dell’esperienza della Metaverse Fashion Week, mostrandone una sfaccettatura critica, ma anche costruttiva; secondo noi è un contenuto da leggere (la curiosità è che siamo abbonati paganti di questa newsletter, che pur esiste in versione gratis, ma noi abbiamo siamo abbonati alla versione Premium, per avere ulteriori informazioni, e questi contenuti sono dedicati alla moda… settore che è quanto di più lontano dai nostri diretti interessi, ma non solo apprezziamo l’intelligenza di chi scrive, ma crediamo che non sia importante “essere alla moda”, inteso come interesse ai vestiti e agli accessori, per capire e seguire la cultura della moda, che è decisamente più profonda di quello che si “vede”). Ci permettiamo di riportare questo commento finale, consigliando comunque a tutti di andare a leggere e, se volete, di inscrivervi alla newsletter:
[…] Un po’ come avrebbero dovuto fare i social network, il Metaverso promette di rendere la moda accessibile a tutti, sia perché qui le sfilate sono visibili gratuitamente sia perché gli abiti digitali costano ovviamente molto meno - tipo le scarpe virtuali di Gucci dell’anno scorso, in vendita a dieci dollari, vi ricordate? La moda qui dovrebbe anche essere la scusa per socializzare, ma la verità è che io non sono riuscita ad attaccare bottone con nessun utente, forse sbagliavo qualcosa. Infine, forse il tema più interessante, quello della self expression. Perché attraverso il proprio avatar si è invitati ad assumere l’identità favorita, mutabile ed eclettica. Questa dovrebbe essere un po’ una rivoluzione: essere chi si vuole, quando si vuole, come si vuole. […]
E’ bella questa visione, del “poter essere chi si vuole”, argomento sociologico, ma anche professionale. Avere ambiti dove possiamo esprimerci in modo più personale, senza filtri (che portano ovviamente anche disagi, criticità, situazioni complesse), e come vedete è un argomento “umanistico” su cui si possono fare delle valutazioni più profonde.
Un’altra segnalazione è il bellissimo articolo (sorry, è in inglese) che trovate se volete qui, dove il giornalista, Charlie Warzel di The Atlantic, parla con Wagner James Au, che è stato uno dei primissimi ad interessarsi al mondo delle comunità virtuali, proprio su Second Life a partire dal 2003, e vengono trattate tematiche davvero molto interessanti, compresa la ancora viva comunità di questa piattaforma, ed è proprio lui che ne spiega il motivo: Second Life non vive (e continua a vivere) per la tecnologia, ma si parla di relazioni, di comunità di persone che hanno un posto dove si incontrano, da tanti anni ed hanno molta storia da condividere. Insomma, non è perché hanno aperto una mega discoteca a tre piani che si smette di andare nella birreria dietro casa dove si incontrano da sempre gli amici, questo è un concetto importante che porta a capire che c’è una grande differenza tra il metaverso che ha in mente Facebook, dove le persone devono arrivare per comprare, per essere tracciati e profilati e poi “consumati” come prodotto, e quelle piattaforme che invece hanno messo (o sono riuscite a mettere) al centro le persone.
Sempre riguardo a Second Life, vale la pena recuperare questo pezzo dell’intervista:
Au: […] Alcuni vogliono creare nuove esperienze di socializzazione che non possono avere nella vita reale. E questo include havere distanza in quelle relazioni. Passate un po’ di tempo in un qualunque mondo virtuale e finirete per creare delle interessanti connessioni sociali con persone dall’altra parte del mondo. Penso che, con qualcuno come Mark Zuckerberg, si parta dal presupposto che le persone vogliono fare cose virtuali con i propri amici della vita reale. Ma questo significa ignorare la grandissima opportunità che offre una piattaforma così connessa globalmente, cioè di interagire con chiunque.
Warzel: Qualche buon esempio di questa dinamica che puoi condividere?
Au: Lo vedo in questo momento con l'invasione russa dell'Ucraina. Una delle prime cose che ho notato sono stati i content creator russi in Second Life che promuovevano quelli ucraini. Sì, il governo russo e Putin stavano invadendo ed era guerra, ma i russi di Second Life hanno legami molto autentici con il popolo ucraino. E quelle relazioni non riguardano i confini nazionali. Ho trovato alcuni di quei gesti un toccante promemoria di ciò che potrebbe essere possibile.
Serve capire che queste “nuove realtà” non sono delle scatole digitali aride, dove si fa finta di vivere. E’ una parte della vita, concreta, reale, dove se ci mettiamo empatia, se cerchiamo di comprenderla, potrà darci molto, forse per disegnare anche un mondo migliore. Anche oggi, figuriamoci domani.
Wagner James Au conclude con questa frase, noi ci accodiamo a questo pensiero e alla speranza… speriamo anche voi.
Penso che la grande battaglia in futuro sarà tra queste diverse piattaforme con visioni diverse su ciò che la vita digitale dovrebbe e potrebbe essere. Spero solo che vincano quelle incentrate sull'uomo.
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