

Scopra di più da Sunday Jumper
Immagini che si alimentano dei nostri sogni (che poi diventano realtà)
Tanto si parla di immagini realizzate con l'intelligenza artificiale, la discussione esplode. Sembra di tornare indietro, alla nascita della fotografia, vista da alcuni come la morte della pittura.
Immagine ispirata alla nascita della fotografia e al dagherrotipo, che ha generato tante discussioni, all’epoca, sul futuro della pittura.
(Questo numero del SundayJumper è molto ricco di immagini, quindi supera la dimensione consentita teoricamente da Gmail per visualizzare tutto il contenuto. Guardate direttamente questo contenuto sul web per evitare eventuali difficoltà)
Paul Delaroche è stato un buon pittore di soggetti storici e un eccellente ritrattista francese, nato nel 1797 e morto all’età di soli 59 anni. Il suo stile era improntato all'esattezza dei dettagli, e non è un caso che sia rimasto affascinato dalla tecnica della fotografia. Si ritiene che abbia dichiarato:
La pittura è morta
ma se c’è un dubbio sull’autenticità di questa frase (o meglio, che sia stato proprio lui a dirla), con certezza invece sono sue queste frasi:
“il processo di Daguerre soddisfa completamente tutte le richieste d’arte, portando tutti i principi essenziali dell’arte ad una perfezione tale, da diventare necessariamente oggetto di osservazione e di studio anche per i pittori più esperti”.
“ l pittore potrà scoprire in questo processo un semplice mezzo per la raccolta di studi, che egli avrebbe altrimenti potuto ottenere soltanto dopo un lungo periodo di tempo, con molta fatica e in modo molto meno perfetto, senza che vi sia alcun merito dovuto al suo talento”.
“Per riassumere, l’ammirevole scoperta di M. Daguerre ha reso un immenso servizio per l’arte”.
Pensate all’epoca, in quel periodo, che tipo di reazione possa avere creato la fotografia per pittori e artisti. Di colpo una “macchina” poteva riprodurre immagini, apparentemente senza alcuno sforzo e senza dover possedere alcuna “competenza” artistica. Una rivoluzione, un pericolo, un nemico da combattere. Sembravano non servire più pennelli e tele, ma ancor più capacità artistiche. Tutto in un instante, con un click, ed era fatto.
L’immagine della donzella esce dai confini del quadro e diventa soggetto della nuova arte, che non fa uso dei pennelli ma dell’ottica e degli alogenuri d’argento.
In realtà, la pittura e le arti figurative non sono affatto morte a causa della fotografia, anzi: hanno trovato altre dimensioni, altre strade, spesso allontanandosi dalla “realtà” per creare nuove dimensioni e linguaggi, allontanandosi anche da quello che era diventato uno spazio dominato dalla fotografia, la quale nel frattempo ha fatto il suo percorso. Prima all’ìnsegna dell’apertura verso il largo pubblico, all’insegna dello slogan di Kodak: You push the button, we do the rest, ma poi le altre evoluzioni hanno regalato mille opzioni, dal passaggio dal bianco e nero al colore, dalla fotografia da sviluppare a quella istantanea di Polaroid, e poi tutto il resto: pellicole in grado di catturare colori con cromie diverse (pensate alla battaglia tra Kodachrome, Ektachrome e Velvia, solo per parlare di diapositive), tra grana e sfumature di grigio (TriX, Hp5, Fp4) e così via, e scusate se stiamo citando magari universi sconosciuti ai più giovani, ma può essere anche un territorio da esplorare. Grandi discussioni tra scelte tecniche, tra amanti di uno stile o di un altro.
Dalla fotografia, che nasce nella fotocamera, inizia una nuova era dove le immagini “entrano” dentro un computer. E tutto inizia a cambiare… la fotografia acquisisce nuovi poteri, grazie alla manipolazione digitale.
E poi, correndo e volando, siamo arrivati alla fotografia che è entrata dentro un computer ed è sorta l’dea della manipolazione digitale, prima con i sistemi come il leggendario Quantel Paintbox e poi il mitico Photoshop che ha cambiato il nostro modo di pensare alla realtà, che ha reso apparentemente tutto “possibile”, con un click (del mouse, questa volta… o della penna della tavoletta grafica). E la battaglia ancora si vive oggi, dopo oltre 30 anni: chi vuole la purezza delle immagini “non manipolate”, e chi invece ha sposato l’arte del creare qualcosa di nuovo figlio di una fantasia che non si lascia confinare dalla realtà “riprodotta”, ma che va oltre. Chi ha ragione? Probabilmente tutti hanno ragione, quello che importa è quello che si vuole dire, come lo si vuole dire, quali sono gli ingredienti della narrazione visuale alla quale si vuole fare riferimento.
I detrattori del digitale dicono che solo chi “non manipola” è un vero artista, chi invece ha scoperto in questa tecnica un modo di esprimersi sorride e va oltre… Tanto il mercato non solo può garantire spazi per tutti, non si dimentica della pittura, delle tecniche di manipolazione analogica (a conferma di questo, proprio le nuove generazioni trovano nel ritorno alla ripresa vintage, quella delle pellicole, dei trattamenti di sviluppo e stampa tradizionali, un universo meraviglioso da scoprire). Il mondo dell’immagine diventa sempre più grande, ospita tutti e non si chiude a nessuno.
I sistemi di elaborazione digitale hanno dato l’opportunità di creare immagini fotografiche, ma frutto della più fervida immaginazione, senza limiti, se non quello di creare tutti gli ingredienti, da unire poi con estenuanti ore (giorni) di elaborazione e fotoritocco. Ma i confini delle idee si sono allargati, sempre di più..
Per fare un recap, arte e creatività non si sono perse quando abbiamo trovato in una fotocamera un sostituto al pennello, e nemmeno quando abbiamo usato mille diverse tecniche per usare la fotografia, e ancor meno quando la fotografia è diventata una mappa di pixel che ha permesso di essere modificata in tutto e per tutto. Sono cambiate le tecniche, ma alla base c’è sempre stato un punto fondamentale: le immagini partono dalla fantasia, dalla capacità di creare che è una prerogativa della mente umana e della sua immensa potenzialità, il resto è solo un processo tecnico, che è importante per tutti, ma solo come percorso, come mezzo e non come fine. In piazza la tecnica si evolve, per sua natura.
Se ci si concentra solo sulla tecnica, si rimane in quel dialogo stucchevole di chi parla solo di strumenti, come se fossero questi a “creare” qualcosa: l’esempio classico sono le discussioni sui forum sulla qualità delle ottiche, della “migliore fotocamera”… sono davvero stucchevoli e prive di interesse. I creativi, gli artisti, nella storia, hanno anche approfondito molto e bene delle tecniche, ma non le hanno mai fatte diventare il “tema” del proprio lavoro o delle proprie opere.
Due “prompt” sostanzialmente uguali, risultati diversissimi, ma entrambe immagini che possono trasmettere forte impatto, immagini a metà strada tra illustrazione e fotografia, che riprendono quello che è il mondo del fotoritocco e della forte post-produzione digitale, ma realizzate in pochi minuti e generate dal computer. Dove è il limite, in questo?
Arriviamo quindi al punto di incontro, su questo tema… quando si cambiano le tecniche, quando si delega ad una macchina una componente della produzione della creazione (quindi dal pennello alla fotocamera), si perde contenuto creativo e artistico? Abbiamo 183 anni di storia artistica e creativa che dimostra che non è stato così, eppure così è stato pensato, da molti. E per caso la manipolazione digitale, fatte con un computer (sempre con maggiori automatismi e scelte “automatiche) ha ridotto il potenziale creativo e artistico, o al contrario ne ha ampliato le potenzialità?
Sappiamo la risposta, in cuor nostro, la sappiamo tutti, a prescindere dai gusti e dalle posizioni: l’hanno ampliata, questa potenzialità, anche se ovviamente hanno generato anche grandi schifezze, come è sempre stato (si facevano e si fanno schifezze con i pennelli, con la fotografia “non ritoccata” e in tutto). È però difficile accettare che una tecnica “nuova” possa permettere a “chiunque” di raggiungere una serie di traguardi che magari noi abbiamo raggiunto dopo tanti anni di studio e di test. E allora si cerca di demonizzarla, la tecnica nuova… invece che prenderla come un passo che ci permette di andare avanti, di fare di più, di mostrare che è la cultura visiva, la voglia di “raccontare” qualcosa che, alla fine, fa sempre e ha sempre fatto la differenza.
La creatività sposa la potenza delle macchine per creare immagini che derivano da milioni, miliardi di immagini, dall’intero universo di quello che l’essere umano ha generato nella storia. In ogni immagine c’è un bagaglio pressoché infinito di varianti e di storia, sta ai creativi enfatizzarli, anche esplorando modifiche che passano da un soggetto all’altro, seguendo un percorso creativo di crescita per costruire l’immagine che meglio rappresenta il messaggio che si desidera trasmettere… a volte si parte da un soggetto e si arriva ad un altro, perché risulta migliore dell’interpretazione iniziale, e questo pensando ad una produzione “fisica”, ma anche ad una post produzione che richiede molto tempo è quasi impossibile: anche quando la strada non funziona del tutto, si finisce con l’accettare il compromesso, non si può buttare via tutto e rifare, mentre questo è possibile usando l’AI. Anche per questo, è uno dei mestieri del futuro, un futuro che è già oggi.
Le immagini che pubblichiamo sono tutte state realizzate da noi per illustrare ed approfondire i contenuti di questo articolo, usando Midjourney, una delle tante piattaforme di generazione di immagini che fanno uso di intelligenza artificiale, ma non per questo ci sentiamo meno “creativi” per avere usato questa soluzione al posto di una fotocamera, un pennello, un software come Photoshop. Per realizzarle abbiamo messo insieme dei “prompt”, ovvero parole che “dicono al computer cosa vogliamo visualizzare”, sono le descrizioni dei sogni che abbiamo nella nostra mente e che potrebbero averci portato a realizzare, con qualsiasi tecnica necessaria, queste immagini. È una tecnologia che è arrivata con un impatto devastante, e ci pone di fronte ad un nuovo capitolo di questa storia. Questa volta non si sta sostituendo un pennello con una fotocamera, ma si può accedere al quadro comandi dell’immagine decidendo di non occuparsi dell’esecuzione, ma “solo” del contenuto, del messaggio, delle emozioni che si vogliono trasferire, del motivo per cui realizziamo le immagini. E a questo viene dedicato tutto il tempo, tutta la concentrazione, tutto il contenuto, tutte le sfumature…
Tutto questo genera una fame incredibile di nuove immagini, sempre di più, sempre più perfette, non ci sono più scusanti, non c’è più spazio per immagini non perfette per qualsiasi scopo, perché possiamo fare ed ottenere davvero tutto quello che desideriamo, come se avessimo a disposizione una banca immagini infinita, ancora di più: come avere tra le mani una casa di produzione pronta a realizzare tutto quello che desideriamo, in tempo reale, senza attese. Qui sotto, tre esempi di immagini dal mood abbastanza fotografico che parlano proprio di “cibo”…
In questo caso abbiamo cercato di lavorare sulla resa molto fotografica, che non sempre risulta perfetta (per esempio il logo di Starbucks non è corretto, c’è ancora da evolvere il lato delle scritte e loghi), poi fa un po’ sorridere l’hamburger, perché qualcuno dirà che “è falso”… ed è vero, ma è “falso quanto quello delle foto di McDonald’s” ;-) Infine, va detto che non sempre la resa ideale è “realistica”, e questo è un ingrediente che può essere calibrato come si desidera…
Vi assicuriamo che per ottenere un buon risultato non è sufficiente inserire a caso delle parole, o meglio: sì, si può anche ottenere un buon risultato anche “a caso”, ma quello che conta e conterà sempre di più non sarà “ottenere una buona immagine” (chiunque potrà farla), ma sempre più “cosa vogliamo dire, e come vogliamo dirlo”. Possiamo fare riferimento, per realizzarle, a tutto quello che finora l’essere umano ha creato come immagine, trovando connessioni, integrazioni, miscelando stili ed effetti, linguaggi ed intuizioni… che è quello che è sempre stato fatto, da tutti, perché come diceva Picasso:
“Gli artisti mediocri copiano, i geni rubano”
Da troppi anni lavoriamo nel mondo della creatività, e abbiamo visto migliaia di “creativi” che hanno solo e semplicemente copiato quello che un altro artista ha fatto in passato, magari cercando di nasconderne la provenienza della “copia”. Il fatto che per realizzare questa copia poi abbiano poi usato una matita, un pennello, una fotocamera o un filtro di Photoshop ha potuto garantire a queste “opere” un valore reale? No, erano solo copie…
Il creativo di oggi può invece mettere insieme tasselli, ingredienti e mille elementi, e chiedere al computer di ricercare milioni di varianti per ognuno di questi tasselli (che sono lo storyboard della storia che si vuole raccontare, anche con una unica immagine), per poi ottenere varianti che possiamo ricercare, raffinare, far modificare, evolvere…. tutto questo in un processo che dura minuti e non giorni, usando tutta la potenza di calcolo delle macchine, facendo riferimento e tesoro di una cultura globale ed infinita, che non potremmo eguagliare nemmeno in mille anni di studio. Il creativo diventa il filtro, il regista, il pilota, il navigatore di questo universo di conoscenza, cultura e creatività per arrivare ad una unica ed esclusiva immagine, che nessun altro potrà mai fare uguale (perché ci pensa il sistema a rendere unica quella scelta, non la ripeterà mai nella vita). E, allora… quello che rimane è l’essenza della creatività che si nutre delle ispirazioni che arrivano dalle macchine, che sono come le ispirazioni che da sempre arrivano nella notte, dai sogni: lo diceva uno dei maggiori artisti che ha calpestato questo mondo, lo ricordate?
“Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è raccolta la nostra breve vita”
(W. Shakespeare, La tempesta, atto IV, scena I)
Buoni sogni, siamo in un’era nuova, davvero fantastica, dove i sogni diventano realtà, almeno nelle immagini che realizziamo.
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