La nuova fotografia? Un viaggio con tante contraddizioni
In edicola un grande progetto dedicato alla fotografia, curato da Oliviero Toscani. Parla coraggiosamente di "Nuova fotografia", non quella dei "soliti fotografi"- Peccato che poi...
In queste settimane è uscita, nelle edicole (si, esistono ancora le edicole, anche se non sono quasi più quelle di un tempo, ad esclusione di poche meravigliose eccezioni) una collezione dedicata alla fotografia curata da Oliviero Toscani, edita dal Corriere della Sera e acquistabile in abbinamento al giornale (anche La Gazzetta dello Sport). Si intitola:
OLIVIERO TOSCANI (titolo più grande, quindi è esplicito che sia il "protagonista" della collana)
LA NUOVA FOTOGRAFIA (sottotitolo, il concetto di "nuovo" lo analizzeremo dopo)
CONFORMISMO (il numero che abbiamo comprato parla di questo tema)
OMOLOGAZIONE E TENDENZE GLOBALI (il sottotitolo del titolo del numero).
Non è un caso che mettiamo in luce questa struttura gerarchica della grafica della copertina, perché in realtà fa capire molto di quest’opera, ma in generale dell'approccio nei confronti dei temi che andremo a trattare in seguito.
L'introduzione, scritta dallo stesso Toscani (gli altri testi sono di Marco Montanaro), dice qualcosa che, di fatto, ci ha portato a volerne parlare qui. Dice (scrive) Toscani:
Stiamo cercando di realizzare una guida per capire il linguaggio della fotografia moderna, un modo di documentare, analizzare, e criticare ciò che ci circonda, e anche chi siamo.
Ok, quindi stiamo parlando di "una guida", quindi un percorso che deve portare gli utenti/lettori/fruitori di quest’opera a capire il linguaggio della fotografia moderna (le ultime quattro parole sono sottolineate). Ci mettiamo comodi e curiosi per capire come verremo "guidati". Toscani prosegue:
È estremamente importante. La nuova fotografia è quella di tutti i non professionisti che scattano foto in continuazione, mentre la cosiddetta fotografia classica è ormai superata e socialmente lontana. La memoria dell'oggi, la nostra stessa identità sociale e culturale viene definita dalle immagini che produciamo, e non da pochi fotografi che alla fine sono sempre gli stessi.
Ecco, questa sì che sarebbe stata una scelta coraggiosa, e anche giusta. Applausi! Potremmo controfirmare questa dichiarazione, perché è verò che la NUOVA fotografia è quella di tutti, quella che miliardi di persone usano tutti i giorni per comunicare, come linguaggio, ed è un punto di partenza anche per chi fotografa di professione.
Poi, però, il pensiero diventa meno nitido, parte nell’introduzione un meccanismo che è tipico di Toscani (e fa bene, oltre che averne diritto, a farlo), ovvero quello di criticare tutto e tutti, e quindi le immagini fatte in modo dilettantistico non dicono nulla, sono banali, sono prive di senso, servono solo a sfogare l'ego, al tempo stesso però sono interessanti, però al tempo stesso tutto poi cade nel conformismo (che è il tema/sottotema del numero che abbiamo tra le mani). Insomma, sì: la fotografia "una volta chiamata brutta" in realtà ridefinisce la realtà, se non si fotografa qualcosa semplicemente non esiste. Si capisce che c’è un colpo alla botte e uno al cerchio, due visioni che sono contrapposte per credo, per cultura e anche un po’ per essere come da sempre “fuori dagli schemi”.
Comunque va bene, il senso è: andiamo oltre quella che chiamavamo fotografia "colta/professionale/tradizionale", fatta "da pochi" e diamo merito alla fotografia in termini di linguaggio moderno. Ottimo… e quindi?
Il "quindi" riguarda il significato, il concetto stesso di questa “guida”.
Verso dove ci sta guidando questa guida? Ci porta ad esplorare il significato, il significante di una fotografia che è di tutti, fatta da tutti perché in questo universo anche di bruttezza possiamo trovare il senso della vita e della società? A comprendere un linguaggio che definisce e chiarisce un nuovo importante percorso umano?
Come detto, sarebbe interessante trattarlo o che fosse stato trattato, ma dentro il numero che abbiamo tra le mani e che abbiamo acquistato (e immaginiamo in tutta l'opera) non c'è traccia di questa "nuova fotografia", ma ci sono foto di Oliviero Toscani scattate 40 anni fa, di Maskot (studio che si è affermato come il principale produttore svedese di immagini royalty-free), e decine di fotografi sotto contratto Getty Images, Contrasto, Corbis, Magnum.
Qualcosa non torna, ma possiamo immaginare anche la contro risposta che potrebbe arrivarci: mostriamo grandi fotografi per spiegare il linguaggio della grande fotografia a chi fa fotografia "moderna". Però non torna, perché se così fosse, allora il contenuto della "guida" dovrebbe orientare verso questo approccio, che invece non appare evidente (e forse neanche latente): non si capisce "a chi si sta parlando", non si invita chi fa foto "quotidiane con lo smartphone" a comprendere meglio il linguaggio della fotografia, e in realtà questo potrebbe funzionare viste le premesse (la fotografia "brutta", quella che fanno tutti pur non sapendola fare, in realtà ha un valore in quanto testimonianza).
Quindi cosa si sta indicando come strada in questa “guida”?
Proviamo a sfogliare, la struttura editoriale è fatta da un’immagine a doppia pagina e nella successiva doppia pagina è riportato un breve testo (composto con un "pesante" tutto grassetto) e un titolo che parte sempre da IL MIO.... (il mio manifesto, il mio brand, il mio lavoro, la mia immagine, il mio credo, la mia identità, il mio stile... ed altri). Ma anche qui, non si capisce (forse siamo noi a non capire...), perché in parte sembra "IL MIO..." inteso come "il MIO di Toscani" (ci starebbe...), ma poi in realtà parla di un MIO che sembrerebbe essere il destinatario di questa guida, ma il testo non aiuta molto a contestualizzarlo (magari sarebbe risultato troppo didascalico, ma si poteva trovare un approccio comunque funzionale e "colto"):
Se vuoi sviluppare il TUO brand, il TUO manifesto, il TUO stile... allora fai le fotografie prestando attenzione a quello che ti mostro nell'unica immagine che ti propongo come sintesi di questo concetto.
E invece no, i testi sono farciti di concetti colti, ma non sono (non sembrano essere) una guida e non si capisce a chi si rivolgono.
Per concludere, accanto alle foto che sono mostrate giustamente con grande evidenza, non ci sono indicati gli autori (che sono, in fondo, in corpo molto piccolo), mentre ovunque viene indicato il nome di Oliviero Toscani accanto ad ogni numero di pagina. Se una persona non è molto esperta, può pensare (è portato a pensare) che tutte le immagini siano di Oliviero Toscani, e non è così (Martin Parr, autore di una di queste doppie, forse avrebbe da ridire a fronte di questa non chiara indicazione).
In compenso, se da un lato gli autori delle fotografie protagoniste della guida non sono segnalati, ci sono alcune citazioni di "pensatori", quindi parole scritte, che riportano il nome di chi ha espresso quei pensieri. E finché l'autore si chiama Andy Warhol o il condottiero Alessandro Magno ok, se si chiama Gianluca Vacchi... forse meno ;-)
Perché i fotografi no? E anche qui, mi immagino la colta e forse offesa risposta: perché quello che importa è la fotografia, non il suo autore... Potrebbe essere comprensibile, anche forse giusto, ma allora perché non mettere anche fotografi sconosciuti se gli autori non sono importanti? Se usiamo (se vengono usati) grandi autori per guidare i nuovi fotografi (o aggiornare quelli che giovani non sono ma che vogliono tornare ad essere contemporanei), allora questa indicazione servirebbe... sarebbe sensata. Se no, come detto, il dubbio tra il nome di Toscani OVUNQUE, i titoli IL MIO, LA MIA... e l'assenza di nomi degli autori fotografi (e la presenza di nomi di grandi pensatori come Gianluca Vacchi che meritano di essere inseriti in quanto GUIDE….) porta ad una unica percezione: che tutto quello che si vede, in 30 volumi, sembra essere solo (o quasi) un immenso ego del curatore. Per questo, l'editoria mi perdoni, non ho comprato il secondo numero già disponibile, che era dedicato al "narcisismo"... chissà perché ;-)
Proprio da un paio di settimane, abbiamo inaugurato un corso universitario per spiegare come "Imparare a fotografare con l'AI”. Portando la tecnica, la cultura, la sensibilità espressiva di due secoli dalla nascita della fotografia per rafforzarla nel futuro. Nel risvolto di copertina, Toscani dice:
E per fare una fotografia interessante tutto deve essere fatto in breve tempo.
Concetto discutibile, opinabile, di sicuro non assoluto (si può fare una fotografia interessante anche mettendoci 3 giorni...), ma oggi si può fare con un prompt, in pochi secondi: anche questo è un concetto sul quale riflettere (a meno che la tanto criticata e definita inutile “tecnica fotografica” poi sia più importante del messaggio che si vuole esprimere). Secondo noi (al netto dei discorsi legati alla verità, alla rappresentazione della realtà, cara non solo a Toscani ma anche a noi e che merita uno spazio di analisi a parte), quello che rimane (e che dovrebbe essere insegnato, se si vuole "guidare qualcuno" verso la conoscenza) è il cosa si vuole dire, come lo si vuole mostrare, perché lo si sta rappresentando così. Questo Toscani lo dice, e ancor di più lo sa. Sarebbe stato bello che ci fosse stato un po' di orientamento in più in questo senso, in modo pratico non solo con slogan.
Grazie per averci letti anche questa settimana. Se avete trovato interessante questo Sunday Jumper condividetelo, sui vostri canali social e tra i vostri conoscenti. Noi ci vediamo settimana prossima, per l’ultimo Sunday Jumper dell’anno!