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La specie umana, tra mondi virtuali ed extraterrestri
La Nasa si prepara a mandare nello spazio un messaggio per descrivere l'essere umano. Dovremmo iniziare a pensare a come vogliamo essere rappresentati: nei mondi reali, nel metaverso e... oltre.
Photo by Casey Horner on Unsplash
Sin dal 1974, noi esseri umani inviamo messaggi nello spazio, nella speranza (ipotesi) che qualche extraterrestre possa riceverli e iniziare un dialogo. Oggi, di questo primo messaggio che tra poco festeggerà i 50 anni, si torna a parlare in questo articolo su Scientific American perché all’inizio di marzo è stata pubblicata la ricerca di un team internazionale di studiosi guidato da Jonathan Jiang del Jet Propulsion Laboratory della NASA, che ha come obiettivo proprio l’aggiornamento e l’evoluzione di questo messaggio, al fine di fornire la massima quantità di informazioni sulla nostra società e sulla specie umana. Il documento, di 13 pagine, può essere scaricato dai server di arxiv.org a partire da questo link (ma immaginiamo che sia un po’ troppo “scientifico” per essere digerito da un pubblico, pur curioso, di non ricercatori).
Ne parliamo perché crediamo che sia interessante, in questo momento, riflettere su quello che dovremmo davvero “raccontare” dell’essere umano a qualcuno (qualcosa? ci piace pensare in termini inclusivi a qualcuno) che non sa nemmeno della nostra esistenza. I ricercatori hanno fatto la loro, senza dubbio, e in questa sintesi hanno descritto atomi, sistema decimale, struttura del DNA e molto altro, tutto in chiave molto scientifica. Visto che non ha molto senso usare - per poter essere decodificato da “estranei” - una lingua “umana”, la strada individuata anche per i precedenti messaggi è stata quella di descrivere tutto in codice binario, per renderlo possibilmente comprensibile ad un sistema informatico, un approccio che si può definire logico: la natura on/off, presente/assente di un binario sembra essere riconosciuta da qualsiasi specie intelligente, anche se è stato dimostrato, qui sulla Terra e non nello spazio, che nemmeno le menti più geniali sono sempre riuscite a decodificare correttamente e completamente messaggi binari in passato. Per farvi capire, qui sotto un paio di esempi che mostrano, a sinistra, il codice binario e, a destra, la "spiegazione”:
Le immagini binarie sono più semplici da identificare, invece, quando si parla di “illustrazioni” come per esempio la “forma” dell’essere umano, il sistema solare, la mappa dei continenti, come possiamo vedere qui sotto (tutte le immagini sono riprodotte secondo licenza Creative Commons, e sono tratte dal documento di cui abbiamo parlato e che abbiamo linkato):
È senza dubbio affascinante, tutto questo, e grande merito quindi ai ricercatori. Quello che rimane, ovviamente, è il grande dubbio: ma gli esseri umani sono “solo questo”? Codice binario, chimica e formule matematiche?
Sì, lo sappiamo che è una domanda sterile, addirittura stupida, ma la usiamo per cercare di andare oltre al concetto dell’identificazione dell’essere umano, che proprio in questi anni cerca di ridefinirsi e di uscire da schemi e preconcetti. Siamo di fronte allo sviluppo di una coscienza umana che vuole essere più di quello che la scienza riesce a definire ed indicare. È difficile essere inscatolati in cliché e semplificazioni. Tutto questo porta chi si occupa di comunicazione, visiva ma non solo, a trovare nuove strade e nuovi messaggi: chi produce prodotti, servizi e anche idee deve sempre più considerare una situazione molto più sfaccettata e fluida rispetto al come si pensava anche solo pochi anni fa.
Siamo in una fase evolutiva, molto più profonda di quello che sembra: oggi ci si concentra sui dettagli, perché è più difficile guardare in profondità: ci si concede - in nome di una giusta “parità” necessaria e che dobbiamo assolutamente difendere - di inserire un asterisco alla fine di tutte le parole che possono urtare qualcuno se dovessero apparire non rispettose dell’uguaglianza (Gentili signor*, Car* amic*… e così via), ma poi ci si dimentica non solo di confermare in tutte le cose, in tutte le situazioni, in tutti gli equilibri, spesso più concreti e solidi, questo rispetto ed uguaglianza, e ancor di più ci si dimentica (troppo complesso per affrontarlo, alla fine basta fare scena, mica che le rivoluzioni molte persone vogliono davvero farle, solo avere un like) che magari poi quelle parole bisogna pronunciarle a voce e allora… si deve dire:
car-asterisco amic-asterisco…?
Ovviamente è solo un punto di inizio, potremmo parlare di forma (chissà se ciascun individuo sensibile al tema si sentirebbe rappresentato dalla “forma standard” disegnata nella documentazione allegata per gli extraterrestri, chissà se possiamo accettare che la forma stesa della Terra sia quella corretta, oppure se dovremmo discutere anche di questo, come si potrebbe dedurre da questa nuova interpretazione, di cui si può leggere qui)
L’essere umano popola la terra da mezzo milione di anni, ma non siamo ancora in grado di definirlo, di spiegarlo, di spiegarcelo. Per questo, proprio in questo momento in cui non solo stiamo vivendo momenti di grandi interrogativi sul “chi siamo” e sul “come vogliamo apparire”, pur rimanendo in un contesto di “realtà umana”, dobbiamo molto riflettere su tutte le evoluzioni che i mondi digitale e virtuale ci stanno aprendo. Abbiamo di fronte delle sfide che poche sparute aziende vorrebbero imporci per disegnare il nostro futuro, così come hanno tentato (e in molti casi ci sono riusciti con il definito Web 2.0) di fare in questi ultimi 20 anni: creare degli universi per “far incontrare le persone” nascondendo quelle che erano le reali intenzioni di trasformarli in prodotti da vendere e da consumare, e che ora cercano di replicare questo schema anche nel web 3.0. In pratica, oggi cercano di proporci, cambiando il nome (e il logo), di passare dal “visitare la pagina di un brand” al “visitare e partecipare al negozio virtuale nel metaverso” dello stesso brand, quindi senza alterare nulla a parte le apparenze, pur di proseguire con il flusso infinito di denaro che entra solo nelle loro tasche.
Il web 3.0 però - e per fortuna - offre (può offrire, se gli esseri umani si accorgono per tempo dell’importanza di questa opportunità di tornare a contare e valere) la decentralizzazione, consentendo di avere un valore, sia come persona che come idee e come proposte. E poter creare un potenziale dialogo con chiunque, poco importa se siano solo amici, potenziali clienti, comunicare con gli extraterrestri generando un dialogo che magari possa creare interazioni diverse da quelle che sembrano molto simili a quelle di Jane e di Tarzan. Magari ci piacerebbe incontrare, in uno di questi metaversi, degli extraterrestri ai quali raccontare di storie e di emozioni e di idee che non si riducono allo spiegare ed indicare che siamo fatti di idrogeno, ossigeno, carbonio, azoto, calcio e fosforo, come se questo fosse l’elemento più importante della nostra esistenza.
Alla fine, la Nasa ci ha forse interpellati e chiesto cosa vogliamo effettivamente dire agli extraterrestri? Con quale diritto - al netto del rispetto per i ricercatori che fanno il loro lavoro - possono raccontare chi siamo, davvero? O, ancora: siamo sicuri che gli scienziati della Nasa lo sanno, chi siamo, e specialmente, quello che vogliamo apparire agli occhi di nuove comunità con le quali ipoteticamente potremmo entrare in contatto? Ecco, questo pensiero lo dobbiamo, più concretamente, mettere al centro dei nostri interessi, visto che sempre più useremo strumenti di comunicazione digitale, che faranno a meno della nostra presenza fisica (siamo capaci di esprimerci molto meglio con il corpo fisico, perché è proprio il linguaggio a cui siamo più allenati, da mezzo milione di anni, come si diceva), e ci proporranno e consentiranno non solo virtualizzazioni, ma soprattutto scelte di mostrarci come “vogliamo essere” e sempre meno “come siamo”. Il nostro avatar con cui vogliamo comunicare e all’interno del quale vogliamo vivere probabilmente non avrà la forma descritta dai pixel del messaggio che arriverà (forse, chissà) ai nostri cugini di altre galassie.
Il mondo digitale è vicino non solo ad un nuovo modo di relazionarci con altri esseri umani, ma propone anche nuovi tipi di relazioni, per esempio con i robot, con gli androidi, con le intelligenze artificiali e anche con gli extraterrestri. Non è solo quello che ci vogliono far vedere e che vediamo in giro, ovvero uno sterile approccio consumistico o, al massimo, di gaming. Abbiamo ancora poco tempo per cercare di prendere tutto questo in modo serio, molto serio….