Le piazze-piattaforme ci porteranno ad essere soli
I social stanno cercando di usare (male) l'intelligenza artificiale per tenerci imprigionati in una immensa piazza, con miliardi di persone, ma per essere sempre più soli. La via è la fuga...
Le piazze dove accadono le cose, dove si materializzano le innovazioni, sono quelle che sono in costante fermento, perché riunendo moltitudini di persone sono anche quelle che possono trarre maggiore beneficio dall'essere "luogo" dove il cambiamento si materializza.
Ci sono tanti modi per "creare piazza", e "luogo di incontro": a volte li chiamiamo Media (intesi come mezzi di informazione: riviste, giornali, siti), a volte li chiamiamo "Social" (le piattaforme che conosciamo bene, e che sono al tempo stesso le maggior piazze esistenti oggi, ma anche le più discusse), ma possono essere spazi di intrattenimento (stadi, teatri, cinema), possono infine essere fiere, convegni ed eventi, che uniscono settori oppure persone che condividono gusti e passioni.
Il digitale ha cambiato moltissimo le "piazze di incontro", prima di tutto perché ha quasi eliminato il concetto di “momento di incontro" per creare un’abitudine di incontro quotidiano, costante, continuo, onnipresente. Conta meno la data del calendario da bloccare, la congiunzione di fatti e di occasioni da costruire, la programmazione; semplicemente viviamo già nella piazza, rimaniamo nella piazza, si è stanziali nella piazza. Gli incontri avvengono semplicemente perché si condivide lo stesso spazio, non perché si decide coscientemente di incontrarsi; semplicemente si è già nello stesso posto, sempre (o quasi).
Questa "normalità" degli incontri genera anche un’abitudine che non ci permette di percepire il valore degli incontri, del dialogo, del confronto, dell’interazione. Per il solo fatto che è considerato "normale", che è un fatto "costante", ci fa pensare che sia scontato, che non sia prezioso. In più, il potere delle "piazze-piattaforme", ovvero i Social, ha fatto ormai passare la presenza come una necessità (bisogna esserci), come una scelta esclusiva (i luoghi di incontro sono solo i nostri, le "nostre piazze") senza possibilità di spostarci altrove (se lo si fa, si perde tutto il contesto delle persone che magari abbiamo faticosamente raccolto). Di fatto, le piazze sono diventate prigioni dalle quali non è possibile uscire/sfuggire.
Tu chiamali, se vuoi, algoritmi
Nel tempo le persone che sono o dovrebbero essere la parte pulsante ed essenziale delle piazze sono diventate meno protagoniste. I meccanismi di fruizione dei messaggi che vengono lanciati nella "piazza" non sono più legati all'interesse per "chi li trasmette", o ancor meno alla "vicinanza" che abbiamo con taluni individui, ma il messaggio è diventato sempre più legato all'importanza del tema che si sta trattando, al come lo si racconta, al come e quando lo si propone. Viene definito "trend", e se vogliamo l'attenzione di altri dobbiamo "seguire un trend", altrimenti - se magari abbiamo da dire cose meno popolari, meno "in voga" - allora semplicemente non avremo nessuno che ci ascolterà, nessuno sarà raggiunto, saranno tutti sordi e ciechi nei nostri confronti. Alla faccia dell’esaltazione della personalità, della creatività, ma anche del proporre quell'inclusività che tanto si ricerca come equilibrio giusto nella nostra società.
L'avvento dell'intelligenza artificiale non farà che rendere ancora più complessa questa situazione sociale. il nostro dialogare sempre di più con quelli che sono definiti "assistenti virtuali" che ci permettono di trovare risposte e competenze complementari alle nostre, potrebbe portarci ad allontanarci dalle "piazze-persone" per trovare tutte le risposte che desideriamo in un ambito più personale e chiuso tra i confini del nostro spazio (di lavoro o personale), facendoci dimenticare la forza e l'energia che deriva dal confronto e dall'incontro con le altre persone. Questo pericolo lo percepiscono con nitidezza anche le piattaforme-piazze che, non a caso, stanno investendo cifre da capogiro proprio nell'AI, per integrare queste risposte, questi assistenti, questi generatori di sicurezze che ci aiuteranno a rafforzare la nostra impressione di "auto-completezza", ma ci forniranno anche nuove forme di intrattenimento e interazione integrando risposte AI: da Meta che ci propone "nuovi noi stessi”, ambienti e fantasie che costruiamo in un click, a strumenti che ci permettono di sostituirci a noi per scrivere, per condividere idee, per... pensare al posto nostro.
Si perderà anche quel poco di positivo che rimaneva dalle "piazze-persone" che per quanto sempre più distaccate dalla realtà - pensate ai contenuti degli influencer, che mettono la loro voce, i loro sorrisi, il loro corpo a disposizione del commercio di vestiti, prodotti o anche della loro personale fame di visibilità, unico valore che sembra contare: esistere se si è visti - quantomeno lasciavano ancora la speranza di un briciolo di spazio per l'incontro tra persone.
Ora, il potere dell'AI verrà usato sempre più dalle "piazze-piattaforme" per generare un universo vuoto, dove siamo soli e attorno a noi solo il riflesso di quello che possiamo immaginare, senza la libertà di immaginare nulla, solo di riflettere il vuoto attorno a noi, mostrandolo come luccicante e meraviglioso.
Noi siamo degli ottimisti, nei confronti dell'innovazione, del futuro, siamo totalmente positivi verso l’evoluzione dell'intelligenza artificiale, ne insegniamo le basi e anche la profondità culturale, la usiamo tutti i giorni per creare ed inventare nuove idee. Siamo sicuri che l’AI sia la strada giusta, ma abbiamo paura non tanto dell'uso errato di questa rivoluzione in generale, ma del potere di alcune forze (le piazze-piattaforme) che non hanno nemmeno più la paura dei giudizi. Per esempio, Mark Zuckerberg, CEO di Meta, ha dichiarato qualche settimana fa di avere cambiato il suo approccio alle critiche contro l'azienda, affermando di non volersi più scusare. Ha spiegato che le sue scuse in passato hanno contribuito solo ad attirare ancora più critiche, invece di aiutare l'azienda a evolvere. In passato - spiega ancora Zuckerberg - Meta (Facebook) ha investito molto tempo e risorse per affrontare problemi come la disinformazione e la moderazione dei contenuti, ma ora hanno deciso di allontanarsi da questo approccio e saranno più propensi a difendere l'azienda contro le accuse ritenute infondate. Il CEO di Meta ammette però che forse impiegherà circa 10 anni per riportare il marchio Meta a una posizione più positiva nell'opinione pubblica, dopo i danni subiti a partire dal 2016 (qualcuno sa di cosa si parla? Cercate come chiave di ricerca Cambridge Analytica, oppure le dichiarazioni di quando Zuckerberg si è scusato personalmente con le famiglie per i danni causati dai social media, oppure di come le influenze della Russia di Putin hanno trovato in Facebook un potente alleato). A nostro giudizio, dieci anni non saranno sufficienti, specialmente se non vorrà nemmeno riconoscere i propri errori, scusandosi in futuro.
C’entra anche il suo nuovo look: le magliette, le collane d'oro e uno sguardo sfrontato (al contrario del tono dimesso e un po' da "sfigato" che lo ha sempre caratterizzato) che lo fanno apparire un rapper pronto alle sfide del dissing con Fedez, Zuckerberg ha detto quindi che andrà avanti per la sua strada, semplicemente senza preoccuparsi delle critiche che gli vengono poste dalla comunità. Lo può fare con sicurezza, perché malgrado la sempre più evidente criticità che arriva dalla società per le sue piattaforme (un numero sempre più elevato se è accorto dei malesseri che causano), i suoi numeri sono sempre in crescita, i ricavi sono aumentati del 27,6% arrivando a 36,46 miliardi di dollari e, anche se l'AI sta influendo come costi in modo rilevante, lui sembra inattaccabile.
C’è una strada per uscirne?
La strada per uscire da questo loop è capire che serve trovare il coraggio di uscire da queste piazze-piattaforme, per ritrovarsi in altre piazze dove l'innovazione non viene però lasciata indietro o fuori, ma anzi viene usata per diventare forti a prescindere dall'abbandono delle piazze sbagliate, dalle gabbie che tolgono la nostra possibilità di esprimerci, di evolverci, di comunicare, di trovare veri e profondi interessi.
Crediamo nelle piazze piccole, nei borghi, nelle stanzette, posti in cui il valore dell'incontro e del riconoscersi è rimasta la chiave primaria. Nella vita abbiamo sempre cercato di fare questo: spazi anche piccoli (apparentemente insignificanti, ma i fatti ci hanno confermato che non è così, che vengono apprezzati), dove si possono sviluppare idee, percorsi comuni, ideali. Se anche voi pensate che tutto questo ha un valore, allora iniziate il vostro percorso di allontanamento dalle grandi piazze, ed iniziate con passione e coraggio a costruire nuovi spazi di incontro. Che sappiano di buono, che guardino in avanti, verso il futuro e non verso un passato da idolatrare. Perché anche il passato è una piazza pericolosa, che se continuiamo a frequentare poi ci toglie la visione e le energie per affrontare il domani.
Ovviamente, se pensate che quello che facciamo e diciamo ha un buon sapore, potete entrare nella nostra piccola piazza-luogo, siete i benvenuti.
Grazie per averci letto, vi auguriamo un caro saluto e buona settimana a tutti!