L'era della merdificazione del web e dei social (e come uscirne)
Abbiamo ascoltato Cory Doctorow a Milano, con un intervento provocatorio ma necessario sul come il mondo deve iniziare a reagire allo strapotere delle piattaforme social. Ecco come...
Immagine scattata a Milano, durante il WNF23 , per proporre Cory Doctorow che pur sul palco “live”, appare qui in una versione semi virtuale, sullo schermo che grazie alla sua semitrasparenza univa il futuro digitale alla storia di una sede costruita con grande innovazione oltre 500 anni fa, il Castello Sforzesco. E creando, al tempo stesso, un “muro digitale”, tema dell’intervento di cui parliamo in questo Sunday Jumper.
Ci sono incontri che costruiscono percorsi di vita importanti. A volte, sono persone che si conoscono nella vita reale, che si incontrano fisicamente, con le quali si condivide un pezzo (anche lungo, anche profondo) di vita. Ce ne sono altri, di incontri, che non avvengono nella condivisione dello stesso spazio fisico, ma questo non influisce sulla… loro influenza.
Negli anni, abbiamo potuto vivere molti “incontri virtuali” che non si sono materalizzati fisicamente, anche solo per stupidi e irrilevanti dettagli pratici: con Steve Jobs siamo stati più volte sotto lo stesso tetto, ma lui era inaccessibile malgrado fossi giornalista accreditato da Apple (e poi, con il mio scarso inglese, come avrei potuto fargli capire o chiedere qualcosa di profondo ed interessante?); Louis Rossetto l’ho incontrato fisicamente alla redazione di Wired a San Francisco, ma da qualche mese aveva lasciato la direzione della rivista che aveva fondato (era arrivata l’era dell’acquisizione di Condé Nast, già: perché Wired è DIVENTATA una testata del gruppo editoriale di Vogue, ma è nata come rivista indie… per questo resto molto legato alle sue origini, che ho condiviso con la nostra prima rivista Jump, fondata in Italia poco più di anno dopo la loro, sebbene con proporzioni ben diverse e non paragonabili); quindi l’ho incontrato, ma non gli ho parlato, ero lì a parlare con altri.
Una delle persone che ci ha fatto diventare quello che siamo (nel bene, qualcuno penserà anche nel male), ovvero ricercatori dell’evoluzione digitale, non avevamo mai avuto l’opportunità di incontrarlo, di vederlo dal vivo, eppure abbiamo seguito tutte le sue battaglie, comprato tutti i suoi libri, compresi gli audiolibri su Kickstarter - piattaforma che lui usa per evitare l’eccessivo potere da parte di Amazon in questo specifico campo - sebbene non ho modo di poterli fruire perché il mio inglese come detto è troppo debole, spero in una veloce evoluzione dell’AI per rendermi possibile l’accesso universale anche al parlato e non solo allo scritto. Parlo di Cory Doctorow, autore di libri, blogger (si può ancora definire così uno che scrive post?), ma specialmente attivista nel campo dei diritti digitali. Abbiamo scoperto proprio da lui, da Cory e dalla sua newsletter (tenete a mente questo dettaglio) e non dalla pur potente macchina della pubblicità di Wired e del suo Next Fest, che sarebbe stato a Milano ieri, il 7 ottobre, ed era una coincidenza troppo ghiotta: proprio il giorno dopo la chiusura di Viscom Italia, la fiera per la quale lavoriamo nell’area della comunicazione e che ci vedeva coinvolti in molte iniziative, di cui vi abbiamo parlato settimana scorsa, era un sabato stranamente quasi “libero”, ed era a Milano, a pochi passa da casa… proprio un regalo fantastico. Peccato solo che tutto questo si riassumeva in un intervento di 25 minuti… ci siamo detti: perché non… 25 ore? La risposta la sappiamo bene, è che non sono tantissimi in Italia quelli che avrebbero addirittura pagato soldi per poter seguire e magari per poter parlare con Cory Doctorow, e non a caso le persone che sono intervenute al suo speech non erano una massa enorme, quasi metà degli spazi erano vuoti, abbiamo saputo che il successo del Next Fest si ritrova nelle aree di “divertimento”, come i videogames, le EscapeRoom, i DJ Set… anche se siamo sicuri che altri interventi avranno anche proposto un pienone di pubblico. Noi no, eravamo lì solo per lui.
Due dettagli interessanti, specialmente per noi che passiamo parecchio tempo a parlare su un palco: nessuna slide e un discorso appoggiato su un leggio, fogli stampati su carta che Cory ha riletto e appuntato proprio a pochi centimetri da noi, pochi minuti prima del suo intervento. Bizzarro, per uno dei maggiori guru del mondo digitale.
Il suo intervento non era fresco, è un tema che ha già discusso e publicato spesso, sin dal gennaio 2023, anche per promuovere il suo ultimo libro che parla proprio di questo, e che al momento non è stato ancora tradotto in italiano, ma sappiamo bene che l’Italia non è certo un punto in cui le cose nel digitale partono e nascono, semmai arrivano già raffreddate; ma, in ogni caso, è bello che ci sia stato, che sia stato vissuto dal vivo e che sia stato raccontato con la sua voce e non con l’intermediazione di un sito o di un podcast… e anche questo è un punto che ci sta ronzando molto nella mente… il live è qualcosa di molto forte, sempre più forte, ed è un’arma per superare proprio le problematiche espresse da Doctorow e che condividiamo pienamente (sebbene con tante preoccupazioni concrete).
L’intervento di Cory Doctorow parte da un concetto di base:
Internet non è solo come un servizio video-on-demand o un sistema di sorveglianza o un modo per radicalizzare i nazionalisti bianchi. È come l'unico filo che offre libertà di parola, stampa libera, libertà di associazione, educazione civica, politica, istruzione, nutrizione, romanticismo, vita familiare. E se la lasciamo diventare una discarica di rifiuti tossici che sembra irrimediabile, allora tutte queste cose sono a rischio.
Aggiunge, con provocazione, che ormai Internet e social sono Enshittified, parola che potremmo tradurre in Merdificato. Di fatto, è una montagna di contenuti che nascono per soddisfare l’ingordigia e il potere delle piattaforme che, invece che essere a nostra disposizione per permetterci di dialogare, di incontrare le persone che vogliamo accanto a noi e proprio per questo motivo ci hanno convinti ad entrare in questo “loro mondo” (quello delle piattaforme), ci obbligano a rimanere letteralmente nella merda senza la possibilità di andarcene.
Un esempio riguarda Facebook, che come Cory giustamente dice:
Oggi, Facebook è definitivamente enshittified (merdificato), un posto terribile a prescindere che tu sia un utente, una società di media o un inserzionista. È un'azienda che ha deliberatamente demolito gran parte degli editori su cui ha fatto affidamento, defraudandoli in un "pivot to video" (un passaggio diretto verso la destinazione effettivamente utile per gli editori) basato su false affermazioni sulla popolarità del video tra gli utenti di Facebook. Le aziende hanno gettato miliardi su questa speranza, ma gli spettatori non si sono mai materializzati e i media si sono piegati in massa al dominio di Facebook.
Ma non è solo Facebook il “colpevole” di questa merdificazione, che ha invaso Instagram (dopo avere promesso, altra bugia, che i dati tra le due piattaforme non sarebbero stati unificati), che Facebook ha comprato seguendo la filosofia del suo fondatore Mark Zuckerberg, ovvero che:
"È meglio comprare che competere".
La merdificazione ha invaso anche Google che agli esordi dichiarava che, secondo il documento storico scritto dai fondatori, Larry Page e Sergey Brin del 1998:
I motori di ricerca finanziati dalla pubblicità saranno intrinsecamente di parte verso gli inserzionisti e lontani dalle esigenze dei consumatori.
Dicevano che loro no, finanziati dalla pubblicità non lo sarebbero mai diventati.
Se fossimo a Zelig, o in altra trasmissione satirica, sarebbe una bella battuta che farebbe ridere, purtroppo siamo invece nella realtà della merdificazione di cui parla Doctorow.
Ma anche “il nuovo social”, ovvero TikTok che ha stravolto tutto questo mondo riuscendo, con un algoritmo di nuova generazione e di nuova visione, a soddisfare in partenza gli utenti creando un approccio di intrattenimento e non quello del “seguire” le persone, che ha spinto e ottenuto il mostrare “quello che si vuole vedere” e non “quello che la piattaforma vuole mostrare”, ora ha già cambiato rotta, usando sofisticate tecniche chiamate di “riscaldamento”, ovvero che fingono di portare risultati ai creatori, generando così quella soddisfazione iniziale per poi bloccare tutto in seguito. Un po’ come le prime vincite ad un casinò che poi generano dipendenza e la perdita di tutti i risparmi…
Non si salva nessuno, neanche l’apparente “buona” Apple che rafforza il suo valore di prodotto ogni volta che qualcuno crea un'app che a sua volta diventa un buono e ulteriore motivo per comprare un telefono e il cerchio poi si ripropone all’infinito perché se si vendono più telefoni si crea un altro buon motivo per fare una nuova app; oppure Amazon che sempre più propone una ricerca non finalizzata a proporre un elenco dei prodotti che corrispondono più da vicino alle reali esigenze dell’utente, ma che invece fa emergere i prodotti dei venditori che hanno pagato di più per scalare i risultati della stessa ricerca. Merdificazione, dove vince chi spende, e non il valore di quello che vale.
Come fare a risolvere questo problema?
Da attivista politico quale è, Cory Doctorow punta sui cambiamenti portati avanti dalla politica:
… i responsabili politici dovrebbero concentrarsi su diritto di lasciare una piattaforma che non soddisfa più le nostre esigenze o la nostra visione, continuando a rimanere però in contatto con le comunità che hai lasciato, godendoti i media e le app che hai acquistato e preservando i dati che hai creato.
C’è un documento, redatto dallo stesso Doctorow e disponibile sul sito di EFF - Electronic Frontier Foundation che seguiamo e supportiamo da anni, che spiega come iniziare a pensare a questo approccio, lo potete leggere qui.
Ma, al di là del giusto, delle giuste intenzioni, dell’urgenza evidente del “dover fare qualcosa”, esiste un problema con il quale doversi confrontare: il mercato non guarda al “giusto”; a volte non guarda nemmeno a quello che è “utile”; utile anche e specialmente per LORO. Continuano a cadere in una trappola che li porta a “volerci credere” al fatto che possano esserci delle piattaforme che siano adeguate a costruire per loro e insieme a loro un territorio di interazione con i clienti sano e costruttivo. Non diciamo che i social NON servano, in assoluto, specialmente perché oggi non è ANCORA facile trovare delle alternative, ma è la passività generalizzata che fa pensare che “pubblicare” (sempre di più, se no non si fa “contento” l’algoritmo, quindi a creare schiavitù), e investire sempre di più sia l'unica strada possibile, pur vedendo che quello che si fa dentro un social poi rimane inutile all’esterno, diventa non trasferibile al di fuori di quelle mura, creando una sudditanza dove solo rimanendo dentro, e investendo sempre di più, in termini di soldi e di tempo, si può sperare quantomeno di non perdere quello che si è comprato e costruito.
In Italia crediamo sia impossibile che si possa sperare che qualche legislatore abbia la cultura, o anche solo la conoscenza, o ancor meno quantomeno solo la percezione di quello che dovrebbe essere fatto, per raggiungere quella interoperabilità che servirebbe a far crollare i muri digitali di cui parla Doctorow. I più attivi sul digitale, che preferiamo non citare per non creare uno svantaggioso (per noi) collegamento SEO, sono quelli che anzi sono ben contenti di sfruttare queste piattaforme per poter essere visibili, per poter guadagnare voti, mai si rigirerebbero contro. E, comunque, pensiamo che nemmeno possano capire…
Cosa può fare il singolo, non solo la piccola azienda, che vede giorno dopo giorno aumentare i costi per promuoversi sui social che sempre più lo sfrutteranno e lo incateneranno al proprio potere, ma anche i creativi, coloro che di comunicazione vivono e che devono proporre sempre più idee da inserire come merda in una cloaca senza fondo di contenuti sui quali sperare in qualche risultato per le aziende per le quali lavorano ed operano, risultati a breve termine che nemmeno si avvicinano ad un rapporto sensato tra sforzo (economico e di tempo) e risultato? Cosa dovrebbero fare? Dire di no? Provare a far capire che questa è una strada che porta tutti verso un muro che è troppo solido per essere sfondato?
Bisogna fare massa, oppure bisogna essere quelli che escono dal coro. Noi ci crediamo, ci vogliamo provare, ci stiamo provando nella pratica, perché vorremmo fare di più, ottenere di più, credere di più in quello che facciamo, contribuire a cambiare da dentro e dal basso questo approccio, perché questo è un momento in cui questo mondo delle piattaforme, dei Muri Digitali di cui ha parlato Cory Doctorow, ci sta facendo arrabbiare. Non c’è uno spazio diverso dalla prima linea, le cose non cambieranno dalle retrovie, non dal fatto “che altri cambieranno”. Il cambiamento ci sarà se, per primi, lo faremo sulla nostra pelle. Proponendo nuove strade che garantiscono il possedere le interazioni, i contenuti, i media, le relazioni, anche quando si vorrà cambiare, quando ci si vorrà spostare, quando si deciderà di cambiare percorso. Credendo nel futuro, convincendo le aziende con le quali si lavora ad avere più coraggio, a puntare sul valore di quello che si dice, del come parlare con le persone. Creando contributi di valore, che avranno valore anche nel tempo. Su questo proviamo tutti a costruire un futuro migliore, e questa newsletter ne è un piccolo (piccolo, davvero piccolo) esempio: un qualcosa che ha cambiato piattaforma tante volte, cercando miglioramenti, e che ha ottenuto in questa ultima sua versione un qualcosa che cresce, ogni giorno. A piccoli passi, ma sono passi che avvicinano e uniscono, e poi generano altre occasioni. In questo crediamo, in questo condividiamo il pensiero di Cory Doctorow, nostro maestro di vita e di pensiero. Lui è su un palco diverso, quello che dice ha più potere del nostro, ma questo non ci toglie l’entusiasmo di dire, di lottare, di credere… e siamo sicuri che buona parte di voi che ci leggete può essere parte di questa rivoluzione e azione.
Grazie per esserci.
È appena stato pubblicato il terzo episodio del Podcast di RADAR - Traiettorie digitali - realizzato da noi di Jumper per conto e con la collaborazione di Confartigianato Imprese Veneto. Anche questo è un esempio di qualcosa di importante: eventi creati per sviluppare un percorso di informazione, aggiornamento e crescita per le aziende che fanno parte di Confartigianato e che ha aperto ad un nuovo linguaggio di contatto e di incontro, quello del podcast, dove la voce si può propagare con un approccio che non è veloce, che non è pressante, ma che permette di poter creare una connessione di valore, e durevole nel tempo.
Ascoltate ora la terza puntata, dedicata al tema del 3D, già disponibile a questi due link
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e poi iscrivetevi all’evento, del 19 ottobre, a Padova, usando questo link.