L'ignoto è un'ombra, potrebbe essere una volpe, ma una volpe non è...
Emozioni intense parlando di futuro, della paura per l'ignoto che si cerca di affrontare scherzandoci sopra. Ispirati da una canzone del grande Fossati proviamo a guardare il mondo con "altri occhi".
Immagine realizzata da Jumper con Midjourney
La storia dell’umanità è fatta di paura per il nuovo, ma ancor di più - causato proprio dal paura - di trovare un modo di decodificare il “nuovo” trovando una sua attinenza con esperienze già vissute nel passato, per anestetizzare l’effetto di impreparazione al nuovo che abbiamo in quanto esseri umani, a qualcosa che è un tunnel buio che non ha riferimenti, che non ci mostra la luce in fondo che possa indicarci la direzione per “poterne uscire”. Quando qualcosa si presenta con un approccio di novità assoluta, il percorso cognitivo è fatto di un mix di incredulità, di negazione, di ironia, di percezione di “inutilità”.
“Ma cosa me ne faccio io, di questo”?
“Figurati se useremo mai questa cosa”….
“Ma quanto è brutto?”…
E poi c’è lo scherno, perché “riderci su” aiuta a nascondere la percezione di sentirsi diversi, impreparati, quindi battute quando ci si incontra in gruppo, oppure con commenti e meme (anche buffi, molto buffi) se si è protetti dietro ad uno schermo. L’ignoto fa questo effetto, l’ignoto ci avvicina al grande terrore per la morte, l’ignoto non sappiamo gestirlo, e proviamo a farlo atterrare sulla terra, lo paragoniamo a qualcosa che conosciamo, lo spogliamo di importanza.
Nel nostro personale “avere vissuto tanto”, facciamo riferimento a volte (e scusate, è un atteggiamento che comunque non è chiuso rispetto al “nuovo”, anzi) a tasselli che arrivano dal passato. Nel 1988, Ivano Fossati ha scritto e cantato in un disco memorabile (La pianta del tè) un brano dal titolo La volpe, dove ha partecipato la voce sublime di Teresa de Sio (la voce italiana più vicina a quella di Kate Bush, che personalmente considero la voce più meravigliosa che io abbia mai avuto modo di ascoltare in questo mondo). Trattava proprio il tema dell’ignoto (qui sotto un pezzo del testo), è una cantilena che si ripete dando un peso a questa ripetizione che di fatto è quel tormento che si amplifica nella nostra mente quando abbiamo paura di qualcosa che non conosciamo e che ci dona però anche una speranza ed un approccio che guarda in modo positivo al futuro, e a questo ignoto che può portarci anche qualcosa di buono:
Che sarà quell'ombra sulla strada
Che sarà quell'ombra sulla strada
Sarà la volpe quando viene l'inverno sarà
Sarà la volpe quando viene l'inverno sarà
Sarà la volpe quando viene, ma la volpe non è
Sarà la volpe quando viene, ma la volpe non è
Sarà il mio amore che ha trovato la strada
Sarà il mio amore che ha trovato la strada
Come la volpe quando viene l'inverno sarà
Come la volpe quando viene l'inverno
Sarà.
Il brano, se lo volete, potete ascoltarlo su Spotify, oppure su YouTube (ci sono varie versioni, pubblicati dagli utenti), in questo articolo [LINK] leggiamo un commento/ spiegazione dello stesso Fossati:
“… La volpe è una canzone scritta su ciò che è incognito, su quello che può farci paura o invece può suscitare la nostra attesa, su quello che non sappiamo. Il punto di vista di chi sta fermo cambia molto. E’ un punto di vista più fragile, emotivamente più a rischio. E’ molto più facile interpretare la parte di chi arriva piuttosto che di chi aspetta. Chi aspetta si pone molte domande. La volpe è proprio questo, sta arrivando qualche cosa, che è un’ ombra, ma può essere un’ombra buona, una bella sorpresa, che dal fondo del viale della tua casa si manifesterà… Racconto il silenzio dell’attesa. La sospensione che precede uno stupore di qualche tipo.”
Ma di che ignoto stiamo parlando? Lo sappiamo, dopo questa introduzione che punta in alto, su concetti che si interrogano sulla nostra capacità umana di accettare, accogliere, comprendere l’ignoto con il giusto atteggiamento, vi diciamo che siamo qui a parlare di VisionPro, il “non-occhiale” per AR, VR e XR (mixed reality) che Apple ha presentato [LINK] proprio questo lunedi. Probabilmente molti tenderanno a perdere l’attenzione e a chiudere questa newsletter (o post, se lo leggerete online o su qualche social), e confermerete che vi sarete fatti delle opinioni che magari vi portano a delle conclusioni già nette o comunque distanti da un ignoto che invece va compreso, anche se non abbiamo gli strumenti per capirlo, accettarlo, comprenderlo… Quindi fate uno sforzo, lo stesso sforzo che abbiamo fatto noi di non commentarlo subito, poche ore dopo, perché avevamo pensato di fare un’edizione straordinaria del SundayJumper al lunedi. E abbiamo fatto bene ad attendere, perché la nostra opinione nei giorni si è evoluta, è cresciuta, ha cercato delle strade per comprendere questo ignoto senza collegarlo a quello che conosciamo, e al quale ci siamo - come tutti - attaccati per poterlo decodificare. Abbiate quindi pazienza anche voi, proseguite la lettura, spogliatevi delle opinioni, almeno fino alla fine, poi ovviamente fate le vostre considerazioni.
VisionPro è il primo prodotto davvero rivoluzionario uscito dai laboratori di Apple dai tempi dell’iPhone (2007), perché sinceramente non consideriamo altrettanto rivoluzionari altri prodotti come iPad (di fatto, un iPhone grande), AirPods (che di fatto hanno tolto il filo alle cuffiette che già esistevano) ed Apple Watch che non crediamo abbia davvero rivoluzionato la vita delle persone. Il confronto con iPhone è coerente, perché di fatto lo smartphone di nuova generazione ha creato uno sconvolgimento della vita di miliardi di persone: certo, esistevano già dei telefoni “evoluti”, in particolare pensiamo al Blackberry che aveva evoluto l’idea di “cellulare” integrando funzioni utili per la gestione del lavoro in mobilità. Il 9 gennaio 2007, Steve Jobs ha presentato iPhone e tutto è diventato vecchio, Nokia in pochi anni è passata dall’essere leader assoluto di un settore allo sparire completamente dal mercato (per poi riapparire come marchio, ma rimanendo un fantasma di quello che era), e specialmente Blackberry è fallita non riuscendo a trovare un’evoluzione credibile per il proprio prodotto.
Proprio questo riferimento al Blackberry, lo abbiamo trovato in un articolo [LINK] su un sito (davvero eccellente, al quale siamo felicemente abbonati, è un riferimento importante nel guardare il mondo dell’innovazione da una prospettiva più completa ed approfondita. Per voi non sarà possibile forse accedere ma per correttezza lo citiamo), il titolo, significativo, è: Apple’s New Headset Makes Meta Look Like AR’s BlackBerry (il nuovo VisionPro di Apple fa apparire l’Oculus di Meta/Facebook il Blackberry dell’AR/VR). Interessante perché il VisionPro assomiglia all’Oculus, che non a caso ha risposto all’attacco qualche giorno prima con l’annuncio del Quest3 [LINK], dal costo di 499 dollari, quasi a schernire la proposta di Apple che parte da un costo di 3000 dollari più alto…
Proviamo ad iniziare da qui: Oculus e VisionPro sono dei prodotti analoghi?
No, per nulla, in nulla, se non nella mente di chi usa Oculus come “qualcosa di conosciuto” per giustificare e comprendere (e non “farsi spaventare” da VisionPro), quindi anche il paragone dei costi non ha alcun senso, è come confrontare un’automobile con un monopattino: entrambi ci possono portare a destinazione, se la distanza è circoscritta a poche centinaia di metri, semmai qualche chilometro… ma si può confrontare se l’esigenza è quella di fare un viaggio di centinaia/migliaia di chilometri? E allora, che senso ha confrontare il costo di un monopattino con quello di una Mercedes elettrica o una Tesla per il solo fatto che entrambe le soluzioni nascono per dare una risposta alla mobilità e puntano ad un rispetto per l’ecologia?
Mantenendo la stessa metafora dell’auto/monopattino, possiamo chiederci: quando tutte le auto saranno elettriche, ci sarà ancora bisogno di un monopattino? Certamente si, perché per muoversi in agilità in certe condizioni metropolitane, il monopattino vincerà sull’auto che subisce ingorghi, che si deve fermare ai semafori, che non può unire facilmente tratti di mobilità personale a quella di una metropolitana o di un treno per tratti più lunghi, e poi costerà meno, molto meno. Ma quando i prezzi, la dimensione, il peso, l’autonomia del VisionPro saranno più contenuti, avrà senso un Oculus? Probabilmente no, tendiamo a dire sicuramente no, perché l’Oculus nasce per creare un intrattenimento temporaneo e specifico, che sarà sostituibile con maggiore qualità, prestazioni e funzionalità dal VisionPro che nel frattempo avrà trovato il suo significato all’interno di un flusso di attività mille volte più ampio rispetto a quello dell’Oculus. Anche il Blackberry era eccezionale in alcune sue funzionalità, per un certo periodo aveva un motivo di esistere, anche solo dare soddisfazione di coloro che preferivano una tastiera fisica, ma quando tutti si sono abituati alla tastiera virtuale sullo schermo, cosa è rimasto dell’esperienza d’uso del Blackberry? Nulla, ed è scomparso dal mercato.
Ma cosa ce ne facciamo, di un VisionPro?
Al momento, siamo super d’accordo con i detrattori: nulla… se non vivere delle esperienze che nessuno ha mai vissuto, e accettate che già questo è un elemento importante. L’eccitazione di vivere qualcosa di mai vissuto è sufficiente per creare un prodotto di successo, per creare un’abitudine? Sì, ci sono migliaia di prodotti che pur costando una fortuna e pur rivolti ad un mercato di pochi eletti, generano delle mode e delle passioni intense, per le quali chi può o chi vuole investe i propri soldi. Ricordiamo che, al lancio dell’iPhone, chiesero a Steve Jobs che percentuale di mercato avrebbe aspirato di raggiungere con il suo “telefono”, in un mondo appunto controllato da Nokia, Blackberry, Motorola e altri. Lui rispose che un prodotto di successo non necessariamente deve avere una fetta di mercato grande, sono interessanti anche le nicchie. Per esempio lui era un appassionato di BMW e diceva che pur ammettendo che questo marchio detenesse una quota molto limitata del mercato mondiale, non per questo aveva un valore inferiore, anzi: le BMV erano (e sono) meglio di molte altre marche più vendute.
Il VisionPro, secondo noi, non è “nemmeno ancora un prodotto”, ci aspettiamo che i prodotti di cui è l’antenato, quelli veri, arriveranno tra due o tre anni, ma il motivo della nascita e dell’annuncio pubblico di questo “non prodotto” ha una motivazione, ed era atteso da noi perché… perché insomma, dopo tanti anni ci occupiamo di analizzare l’innovazione e di prevedere il futuro, ci era quindi chiaro che questa “visione” avrebbe richiesto la costruzione di un’infrastruttura per potersi sviluppare: un sistema operativo, molto software, molte app, la nascita di nuovi servizi. E non è un caso che questo annuncio sia avvenuto durante la WWDC, ovvero l’evento annuale dedicato agli sviluppatori.
Cosa ce ne faremo, del VisionPro?
Ce lo diranno, lo inventeranno, lo proporranno proprio gli sviluppatori che hanno fatto la fortuna dell’iPhone, del Mac, dell’iPad, ma anche della Playstation: perché a cosa serve una carcassa di plastica e chip come la Playstation se non ci sono i giochi più incredibili al mondo? Anche quando è nato, l’iPhone non aveva applicazioni, e oggi usiamo gli smartphone quasi sempre per applicazioni che all’epoca non esistevano (social, chat, videoconferenze, musica in streaming…).
Quanto tempo serve per creare centinaia di migliaia di idee per dire che “sì, il VisionPro ha senso, è utile, risolve problemi o offre opportunità? Mesi, anni… nel frattempo la tecnologia degli schermi, delle batterie, dei materiali migliorerà, i prezzi scenderanno e l’abitudine, le prime esperienze, il crescere delle opzioni inizieranno a rendere motivabile, comprensibile, adattabile alla nostra vita questo nuovo strumento. Uno strumento che non è un “oggetto per fare alcune cose”. La visione è chiara, chiarissima, in casa Apple: questo è IL nuovo computer, che unisce le caratteristiche del Mac, dell’iPad, dell’iPhone, ma anche dell’Apple Watch e degli AirPods. Ha un suo sistema operativo, ha sue gestures, ha una sua integrazione nei flussi di lavoro, di lifestyle, di intrattenimento, di interazione con gli altri.
Lo sappiamo, direte che vi sentireste (sentirete) stupidi e goffi ad indossare un “casco” e che nemmeno per le strade della bizzarra California riuscireste a non essere presi in giro, ma pensate alle prime applicazioni che potrebbero, già oggi (anche ai costi di oggi, al peso di oggi, con i limiti di oggi) diventare delle eccezionali possibilità di interazione nel campo dell’architettura, del design 3d, dello studio di ambientazioni e scenografie: pensate a disegnare con un software 3d e vedere un palazzo da dentro, salire le scale, guardare dalla vista di una finestra ancora non costruita. Quando si parla di “costi folli”, non si pensa mai che in certi casi questi “costi” sono irrilevanti rispetto al potenziale sfruttabile, anche se in campi molto specifici e verticali? Non a caso, questa prima versione si chiama “PRO”: quando mai uno strumento per uso professionale che costa qualche migliaia di euro ha un “costo folle”? Guardate il computer che avete di fronte a voi, se lavorate sull’immagine, sul video, sull’’immagine 3D, probabilmente non sarà costato di meno, e non era “una follia”. E se queste necessità specialistiche nel frattempo alimenteranno un sistema operativo e uno sviluppo che, via via, diventerà sempre più accessibile e alla portata di tutto, la domanda è: aspettiamo che tutto diventi una realtà, o iniziamo a pensare che questo “ignoto” di fatto può entrare nel nostro pensiero?
Apple ha dichiarato e fatto provare, fuori dai riflettori, esperienze di produzione di contenuti nati per questa piattaforma: questo vuol dire nuove strade di produzione per il cinema, per la creazione di spettacoli, per fruire di eventi come eventi sportivi o per esperienze che ci immergono in una realtà mista. Vorremmo essere tra quelli che avranno occasione di produrre questi contenuti, voi no? E, la cosa incredibile, è che SE forse ci siamo un po’ abituati all’idea del Metaverso di Facebook dal 2021, dobbiamo considerare che quella visione prevede (prevederebbe) qualcosa che è tutto da costruire, un mondo che al momento (e ancora per tantissimi anni) non riuscirà nemmeno ad avvicinarsi alla “percezione” della realtà, serviranno tecnologie ed investimenti incalcolabili. Eppure in tanti ci hanno investito e ci stanno investendo milioni e milioni (tanti milioni, in certi casi). Perché “ricostruire” qualcosa che, oggettivamente, esiste già ed è di gran lunga migliore? Secondo voi sarà più eccitante una partita di basket disegnata in 3D, o essere a bordo campo della rappresentazione di una partita vera, di una finale mondiale di basket che vivete dal vivo, ma in uno spazio fisico che non potreste mai occupare realmente, anche solo perché tecnicamente non potreste avere una seggiolina in quella posizione, oltre al fatto che il biglietto avrebbe un costo folle? In un solo colpo, Apple ha trasformato il metaverso disegnato in qualcosa che è così debole, sconsolante, privo di appeal, e siamo solo all’inizio… Sì, perché se forse qualcuno ha anche pensato per qualche secondo di “spostarsi” nel metaverso per qualche minuto, oggi abbiamo la visione di un sistema che ci permette di aggiungere, all’ennesima potenza, quell’esperienza all’interno di mille altre attività che possiamo fruire da un sistema/device come questo. Il metaverso è il Blackberry quando è arrivato l’iPhone, e non serve certo la banale difesa di Zuckeberg che ha dichiarato (sì, lo ha fatto) [LINK] “lo avevamo già inventato noi ma non ci convinceva”. Il povero fondatore di Facebook appare sempre più appannato, sempre più goffo, sempre più un pugile che prende solo pugni in faccia, ma addirittura anche sberle, come un bambino che non vede che è arrivato il momento di crescere.
Ma l’ultimo punto che vorremmo discutere, in questo lungo articolo (troppo, lo sappiamo… ma è importante parlarne), è che nessuno, o quasi, ha provato questa esperienza realmente, e quindi i commenti sono stati fatti e sono arrivati dall’esterno, da un’analisi che si basa su quello che non si potrebbe commentare, quando si tratta di un’esperienza d’uso che cambia tutti i parametri a cui siamo abituati. Si è detto che è troppo grande, goffo, che doveva essere “diverso”, magari aggiungendo opinioni e commenti in merito, ma quanti di quelli che hanno “parlato” se lo sono messo davanti agli occhi?
Spesso mostriamo, ai nostri corsi, un video di un personaggio che ammiriamo molto, Chris Milk, che parla ad un Ted di VR (guardatelo, anche con i sottotitoli in italiano, è importante quello che dice [LINK]) e segnala che parlare di un’esperienza visuale senza viverla non è possibile, si può solo immaginarla. Bene, questo articolo su VisionPro che state leggendo è diventato pressante e urgente quando abbiamo letto un articolo di uno dei maggiori (e apprezzati, in particolare da noi) blogger di tecnologia, John Gruber, che è stato uno di quelli che il VisionPro ha avuto modo di provarlo davvero, sono state fatte infatti alcune sessioni con alcuni personaggi della stampa ed esperti, che non hanno potuto mostrare immagini o fare video, solo raccontare la loro esperienza, e tra quelli che abbiamo letto o visto, Gruber ha fatto il lavoro migliore (come spesso succede) in questo articolo che vi consigliamo di leggere [LINK] integralmente, magari con il supporto della traduzione in italiano.
La descrizione, attenta, intelligente, competente, di questa esperienza congela ogni discussione superficiale. Ve ne riportiamo un pezzo, tradotto in automatico in italiano, leggete con attenzione:
Quello che vedi all'inizio è solo... il tuo mondo. Vedi solo la stanza in cui ti trova. Non ci sono informazioni sullo stato, non ci sono metadati, non ci sono indicatori. Basta l'input delle telecamere sulla parte anteriore dell'auricolare, presentato sui display davanti ai tuoi occhi. Non sembra magicamente indistinguibile dalla vita reale, ma non ha affatto voglia di guardare uno schermo. Non ho percepito assolutamente nessuna latenza. Sicuramente non riuscivo a vedere i pixel: l'esperienza è di qualità "retina". Apple non sta ancora affermando a quale frame rate funziona Vision Pro, ma immagino che funzioni a 90 fotogrammi al secondo, se non più in alto.
Ancora una volta, non sembra affatto come guardare gli schermi all'interno di un auricolare. Sembra la realtà, anche se attraverso qualcosa come un paio di occhiali di sicurezza o un grande scudo trasparente che copre il viso. Non c'è un confine nel campo visivo: il tuo campo visivo attraverso Vision Pro corrisponde esattamente a ciò che vedi attraverso i tuoi occhi senza di esso. In modo più impressionante, e in modo inquieto, il campo visivo apparentemente corrisponde esattamente a ciò che si vede naturalmente. Non è nemmeno un angolo leggermente più ampio, o anche leggermente più teleobiettivo. Non c'è effetto fisheye e non ci sono aberrazioni o distorsioni nella visione periferica. Ciò che vedi davanti al tuo viso corrisponde esattamente a ciò che vedono i tuoi occhi quando sollevi il Vision Pro sopra i tuoi occhi.
Gruber continua a lungo a parlare della sua esperienza, ma ci basta questo, rimandandovi alla lettura completa autonomamente. Il VisionPro non è un gioco, è un progetto che ci porta a pensare che la visione di “chi siamo” come persone, come esseri umani, ha o può avere un’interpretazione diversa rispetto alla nostra attuale percezione: non quella di percepire il “virtuale” perché ne percepiamo il confine “vero” (quello in cui viviamo) da quello “falso” che è quello che si propone dentro uno schermo, perché di colpo questo confine scompare, perché quello che vediamo non lo vediamo più “da fuori”, ma “da dentro”. Con il VisionPro siamo dentro il computer, siamo dentro una realtà virtuale che però al tempo stesso si fonde con la realtà vera che sta attorno a noi, e che non percepiamo più come “finta”, e quindi anche quel goffo casco, definito troppo grande e che sembra una maschera da sub “illogica” e “brutta”, serve proprio così perché ci permette di fondere le due realtà, senza confini: degli occhiali con la montatura pur leggera, più piacevole e meno goffa, ci farebbero invece percepire un “fuori” e un “dentro”, e quindi due mondi distinti. Quello che si vede, della realtà, è percepito come realtà, se ci togliamo il visore... vediamo allo stesso modo la realtà, ma quello che vediamo è la rappresentazione di quello che ci riportano delle videocamere esterne che ci proiettano la “realtà” dentro dei visori. Per chi si occupa di fotografia, è un po’ come il passaggio da visione Reflex a Mirrorless… però all’ennesima potenza.
Ci sono altri punti interessanti, sempre dall’articolo/recensione di Gruber, ma in relazione alla qualità di fruizione di contenuti “virtuali” all’interno della realtà del visore di Apple:
non ho alcuna prospettiva su quanto sia piacevole o tollerabile leggere per lunghi periodi di tempo, ma la mia impressione è che vada più che bene, il testo sembra nitido e puoi rendere le finestre davvero grandi nello spazio virtuale. Se qualcosa sembrerà strano o sbagliato nella lettura long-form in VisionOS, non è la fedeltà visiva, ma piuttosto il fatto che non ho mai letto una volta nella mia vita un articolo o un messaggio e-mail in una finestra che appariva alta 4 o 5 piedi.
Ecco, ce lo domandiamo, ve lo domandiamo: che effetto farà/farebbe leggere un articolo come questo all’interno di una realtà aumentata, dove questa pagina, che state leggendo sullo schermo del vostro computer o del vostro smartphone sarebbe grande 2 o tre metri? Capite che non abbiamo un parametro, perché non abbiamo mai immaginato di avere “una pagina da leggere grande quanto una parete? che per di più possiamo scrollare?
E quando Gruber ci dice che l’interazione con un dinosauro nella stanza, che non solo lo segue con gli occhi, ma avvicinandosi a lui non si perde qualità, dettaglio e percezione che questo dinosauro possa essere “non vero”?
È ovvio che dobbiamo ripensare a qualsiasi esperienza visiva e interattiva alla quale siamo stati finora abituati. Ci si avvicina tantissimo a situazioni che ovviamente hanno una prospettiva distopica come la puntata di Black Mirror dal titolo 15 million merits (qui sopra il video) dove si vive in stanze ricoperte di schermi ovunque: mostrano una visione che di colpo fa capire che il VisionPro rappresenta oggi un’evoluzione più sensata e più concreta di quanto ipotizzato nella visione della puntata in questione, mentre le gestures sono simili; senza alcun puntatore, senza alcun mouse, solo con le mani che non devono nemmeno muoversi in modo insensato, ma naturale. Già, perché il VisionPro funziona seguendo lo sguardo, ha sensori per “accorgersi” di ogni movimento delle mani, e anche quando qualcuno entra nel nostro campo visivo creando, in questo caso, una possibile interazione tra le persone abbassando l’intensità della visione interna, creando una visualizzazione degli occhi di chi sta “dentro” al visore in tempo reale, con un effetto che di sicuro sarà strano, ma ancora una volta è e sarà una questione di interfacce alle quali dobbiamo (dovremo, potremo) abituarci. Vi ricordate quando con le prime videochiamate, sui telefoni giganteschi proposti da Tre, ci si sentiva tanto stupidi e goffi? Sono passati meno di 20 anni, ma non sono certo serviti 20 anni per trasformare questa “innovazione” in un’abitudine.
Il futuro non è arrivato, ma è stato annunciato: servono software, servono servizi, servono contenuti, serve un hardware più maturo, ma questa via che è ancora ignota è stata illuminata. Possiamo/potete ancora credere in piena libertà e diritto che sia follia, che sia distante da noi, che non ne abbiamo bisogno, che è solo qualcosa di cui nessuno sente il bisogno. Poi un giorno lo proveremo, lo proverete, poi ci saranno occasioni per iniziare a provare di immaginare di “indossare” un computer, e non un device per divertirsi qualche minuto e poi lasciarlo in un cassetto, come hanno fatto TUTTI coloro che si sono lasciati attrarre da un Oculus. Poi un giorno il lavoro ci porterà a comprare un “computer visore” invece che un “computer da appoggiare sul tavolo” o da portare in uno zaino. E allora tutto prenderà una dimensione nuova, dove visione, audio e addirittura sensazioni tattili (ancora inesistenti) si uniranno per un nuovo modo di essere persone ed esseri umani. È un futuro che forse ci fa sorridere, ma questo sorriso non deve essere una protezione rispetto alla paura dell’ignoto. Non è più ignoto, è solo qualcosa che non abbiamo ancora provato sulla nostra pelle, nei nostri occhi, nella nostra mente. Ricordiamoci che è la mente che ci governa, e una volta che dentro la nostra mente (che è molto più flessibile di quanto pensiamo) si aprono dei nuovi orizzonti, poi di colpo diventano una realtà e un nuovo punto di partenza.
Il VisionPro non cambierà la nostra vita, oggi, ma la sua visione cambierà il nostro rapporto con il mondo delle macchine, dei computer, del lavoro, dello spettacolo, dell’intrattenimento, del gaming, addirittura del viaggiare e del sognare. Forse non fa paura, ma ancora una volta ci viene chiesto di fare un passo in avanti, e magari iniziare a pensare a quello che sarà il nostro futuro, e la nostra vita. Senza dimenticarci di mantenere ben salde le nostre sicurezze di chi siamo, come persone.
Che sarà quell'ombra sulla strada
Che sarà quell'ombra sulla strada
Sarà la volpe quando viene l'inverno sarà
Sarà la volpe quando viene l'inverno sarà
Sarà la volpe quando viene, ma la volpe non è
Sarà la volpe quando viene, ma la volpe non è
Non è una volpe, non sappiamo cosa è… sappiamo che è davanti a noi.