Non diventare il guscio: guida il cuore della fotografia
Quando l’AI diventa il motore di tutto, il vero potere è restare al centro della visione
Ci sono momenti in cui i cambiamenti non si annunciano con rumore.
Si insinuano nei gesti quotidiani, negli strumenti che usiamo, nei nomi familiari che — quasi senza accorgercene — smettono di essere fari e diventano contenitori.
In queste settimane, l’intelligenza artificiale ha cominciato a insinuarsi proprio lì: nei gioielli di famiglia del mondo creativo.
Adobe, Canva, Figma, Freepik — piattaforme che da sempre sono state l’emblema del “lavoro creativo” e che da sempre hanno espresso (ciascuna nel suo modo e nella sua personalità) un modo di lavorare con l’immagine — oggi aprono le loro porte a motori esterni, che sono piattaforme di AI, lasciando quindi che il centro della loro forza venga sostituito da qualcosa che non controllano più interamente.
Un cambio di paradigma che non si limita all’integrazione tecnica: racconta una storia di potere e di evoluzione imminente.
Oggi, non è più il software che definisce il valore della qualità del nostro prodotto (molti di voi penseranno: non era forse già così? — e nella pratica, spesso, ci siamo affidati agli strumenti per affrontare questioni creative e tecniche).
Il valore è rappresentato sempre di più dal motore che lo abita.
È una dinamica che abbiamo analizzato in profondità nell’ultimo numero della nostra newsletter riservata agli abbonati di Aiway Magazine, commentando la notizia che Adobe Photoshop — simbolo stesso della creazione visiva digitale — ora integra ChatGPT al suo interno per generare immagini, affiancandosi ma probabilmente sostituendo la tecnologia interna ad Adobe (Firefly).
Un passaggio che suona come il rintocco lontano di una campana già ascoltata decenni fa, quando Kodak — incapace di accettare che la fotografia non sarebbe più stata chimica, ma bit — iniziò il suo lento dissolvimento.
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In ogni caso, questo non è un processo che riguarda solo Adobe.
Apple, mentre Siri fatica a evolversi, apre spiragli a ChatGPT e ad agenti conversazionali più competenti.
Anche qui, il guscio resta intatto — elegante, levigato, rassicurante — ma il motore, il cuore vivo, rischia di appartenere ad altri.
E non si tratta solo di software o di dispositivi fisici.
YouTube, ad esempio, sta trasformando il suo spazio creativo originario — dove ogni titolo, ogni montaggio, ogni immagine era il risultato di una scelta umana — in un territorio dominato dall’ottimizzazione algoritmica: generatori di copertine automatiche, suggerimenti di titoli, frammenti video selezionati da AI senza più passare dallo sguardo del creatore.
In apparenza la piattaforma resta intatta: potente, centrale, imprescindibile.
Ma nel momento stesso in cui la forza del contenuto viene affidata a motori esterni, YouTube rischia di diventare vulnerabile — perché un motore non ha radici: può spostarsi.
Altre piattaforme, nuove o esistenti, potrebbero integrare gli stessi modelli di AI, potrebbero costruire esperienze più leggere, più intuitive, più aderenti ai desideri mutevoli del pubblico.
E a quel punto, il guscio che oggi chiamiamo YouTube potrebbe scoprire di non essere più il centro, ma solo uno dei tanti contenitori possibili.
Anche qui il guscio resta.
Ma il cuore — quello vero — potrebbe decidere di battere altrove. (Volete essere cuore o guscio?)
E allora viene spontaneo domandarsi: quanto tempo passerà prima che anche le fotocamere, le videocamere, i dispositivi di acquisizione dell’immagine, le piattaforme — diventino nient’altro che interfacce? Gusci splendidi, certo, ma pur sempre gusci.
Se la storia ci insegna qualcosa, è che l’inerzia delle forme spesso nasconde la radicalità dei contenuti.
Una reflex può ancora sembrare una macchina fotografica.
Un’app può ancora chiamarsi Photoshop.
Un telefono può ancora portare il marchio Apple.
Ma il gesto creativo, la scintilla del controllo, la regia dell’immaginazione — si staranno già spostando altrove.
La sfida, allora, non sarà adattarsi superficialmente ai nuovi strumenti.
Non sarà rincorrere ogni nuova funzione, ogni aggiornamento, ogni versione.
La vera sfida sarà non diventare il guscio — e non usare gli strumenti guardando solo al loro guscio.
Perché in un mondo in cui il motore creativo si separa dal corpo degli strumenti, la differenza la farà chi saprà abitare il centro.
Chi saprà pensare, vedere, immaginare con una forza che nessun agente artificiale potrà sostituire — ma solo amplificare.
Non sarà più questione di dominare la tecnica: la tecnica sarà per tutti.
Non sarà più questione di possedere il miglior mezzo: i mezzi saranno accessibili ovunque.
Sarà una questione di profondità.
Di visione.
Di capacità di ispirare.
E forse — ed è una speranza che coltiviamo tenacemente — il paradosso della rivoluzione che stiamo vivendo è che proprio nel momento in cui la macchina sembra poter fare tutto, torna a diventare preziosa, insostituibile, la fragile, potente, incandescente capacità umana di immaginare l’impossibile.
Non restiamo guscio.
Siamo il cuore che pulsa.