Quando (e se) la fotografia ripartirà dalla cultura, ritroverà anche il suo futuro
Nell'era dell'intelligenza artificiale (ancor di più con Midjourney V5) gli spazi per la fotografia sembrano ridursi, ma proprio analizzando l'AI si comprende come (ri)trovare un futuro concreto
Immagine generata con Midjourney V5 da Jumper
In un periodo in cui la discussione sul futuro della fotografia si fa sempre più insistente, e dove vediamo molti che si agitano per provare a tutelare il valore della fotografia davanti ai “pericoli” della generazione di immagini create dall’intelligenza artificiale, ci troviamo sempre più a parlare dell’esigenza di avere una cultura visiva ancora più raffinata e “colta” rispetto al passato. È davvero triste veder difendere un’arte, un linguaggio, una storia e un valore solo con le parole, e non con i fatti. Spesso ci troviamo a parlare di fotografia con chi si posiziona in questa linea di difesa (come se la fotografia avesse bisogno di difesa, come se non avesse ampiamente dimostrato, in oltre 180 anni di storia, la sua importanza nella storia e nella cultura umana, e nell’espressione artistica e creativa) e ci accorgiamo che - alla fine - spesso si parla di qualcosa che non necessariamente si conosce. O meglio: magari se ne conoscono i capisaldi, le colonne portanti che nella storia hanno costruito questa storia, spesso si è però totalmente all’oscuro di quello che succede oggi, che ha successo, che rappresenta il gusto che viene rappresentato dal media fotografico.
Questa considerazione ci preoccupa in ambito accademico, quando contestiamo agli studenti dei nostri corsi l’abitudine pigra del trovare “una reference” per trovare ispirazione: è un approccio che percepiamo da parte loro, che tra l’altro fa riflettere su quale sia la vera difficoltà - nell’era dell'informazione globale condivisa - il trovare “qualcosa da usare come ispirazione” (questo è, nella pratica, il concetto di “reference”), ma che oggi diventa ancora più pericolosa perché ci si sta sempre più confrontando con delle realtà “artificiali” che non sono a caccia di “qualche reference”, ma che sono state allenate usando miliardi di reference. Come si può sperare di “vincere” quando si ha poca cultura e si cerca “una piccola idea, da rubacchiare” per non fare una brutta figura in un esame (o nel lavoro che si sta realizzando), quando un sistema informatico pre allenato può fare molto di meglio, in pochi secondi? Semplicemente, non si potrà.
In un tweet di Luca Sofri, direttore de ilPost, che condividiamo al 100% e che possiamo riproporre cambiando il contesto a tutte le professioni che rischiano di subire gli “attacchi” dell’intelligenza artificiale, leggiamo;

Già, anche a noi non preoccupa che l’AI produca immagini meglio dei fotografi, ci preoccupiamo quando i fotografi producono immagini peggiori delle intelligenze artificiali. Ci preoccupiamo quando studenti di corsi specialistici di grafica producono design peggiori delle intelligenze artificiali, ci preoccupiamo se disegnatori/illustratori in carne e ossa (e cuore) producono disegni ed illustrazioni peggiori dell’AI.
Anni fa, per la nostra Rivista digitale JPM Magazine, abbiamo intervistato Scott Schuman, che aveva creato il sito (ora i contenuti sono su Instagram, [LINK]) che “scopriva” le tendenze della moda fotografando le persone in strada, lavorando quindi su un approccio che univa stile, personalità, gusto, ma anche irriverenza nei confronti dei cliché della moda e del fashion system. Insomma, Schuman è stato ed è un grande narratore della moda, con un linguaggio tutto suo. Bene, in questa intervista ci diceva che la cosa che lo rattristava era che tantissime persone lo avvicinavano dichiarandosi “appassionat*” di moda, a quel punto lui chiedeva quali erano, secondo loro, cinque tra gli stilisti emergenti più interessanti degli ultimi anni, e quasi nessuno era in grado di rispondere. La conclusione, dura ma vera (come si suol dire “severo ma giusto”), era:
Tu non ami la moda, ami comprare vestiti
Ecco, partiremmo da questo: chi si mette nella posizione di difendere la fotografia, sa - effettivamente - quali sono le tendenze, i nuovi nomi, gli stili emergenti della fotografia? Alcuni, di sicuro, si… molti finirebbero col citare grandi nomi (se li conoscono, almeno come nome, chissà se anche come opere) che però sono già morti, oppure hanno lavorato decenni e decenni fa… ovviamente tutto è importante, ancora di più ciò che è stato grande, ma possiamo pensare ad una forma di arte, di comunicazione, di informazione, ad un linguaggio visivo che si ferma a 30/50 anni fa? Ci auguriamo di no. Perché, invece, queste tendenze non sono invece sconosciute alle intelligenze artificiali che hanno nei propri dati visuali sia la storia che il contemporaneo, e possono mettere a disposizione questa “cultura” (conoscenza?) globale a disposizione di chi li interrogherà e che chiederà loro un prompt che possa far esplodere concretamente e nella pratica questa esperienza visiva.
Abbiamo pensato a questo quando abbiamo scovato questo articolo [LINK], presente sia online che sul numero cartaceo in edicola di Dazed, che propone una carrellata di “una nuova generazione di fotografi”, fotografati da un “evergreen”, Paolo Roversi. Sono giovani, rappresentano nuovi modi di pensare alla fotografia di moda, non sostituiscono i grandi, storici, ma stanno disegnando la cronaca di oggi. La domanda è… quanti ne conoscete? Abbiamo pensato di proporvi, visto che non si trovano sull’articolo, le pagine Instagram di ciascuno di questi fotografi, per poterli conoscere meglio, per scoprire, apprezzare o anche criticare… qui non si sta mettendo nessuno sul trono, qui il concetto è legato al “conoscere”, e all’esigenza di avere una visione più ampia di quella che magari siamo sempre stati abituati a considerare.
C’è un gran bisogno di tornare a condividere cultura: della fotografia, dell’immagine, delle tendenze. Le fonti di informazione hanno da troppo tempo abdicato a vantaggio delle piattaforme social, le quali sono interessate non certo a creare cultura, bensì a trattare gli utenti (miliardi di utenti) come prodotto, lavorando con gli algoritmi non certo puntando su cultura e informazione, ma su un livellamento verso il basso. Ci vuole coraggio, se si vuole andare oltre, se si vuole combattere, riprendere le redini di un settore che ha bisogno di non lasciarsi andare, e nemmeno di essere abbandonato. Così, proprio nella settimana in cui chiude uno dei siti più importanti per il mondo della fotografia, DPReview (chiuso nell’ottica di una revisione dei conti della realtà digitale più ricca del mondo, Amazon che lo possiede da tantissimi anni, dal 2007) abbiamo preso una decisione: torneremo a fare “una rivista”, noi di Jumper. Molto diversa dalle esperienze passate (perché il mondo è cambiato, e per fortuna anche noi), ma che proporrà risposte, analisi, strumenti per approfondire, ma ancor di più anche per condividere con voi percorsi ed esperienze. Lo faremo come sempre, a modo nostro: usando le nostre forze, il nostro entusiasmo, la nostra indipendenza. Se nemmeno i soldi di Amazon possono garantire futuro a qualcosa che vuole portare avanti un lavoro di informazione concreto… questo ci conferma che l’unica risorsa possibile è quella di avere la partecipazione delle persone alle quali ci rivolgiamo e ci rivolgeremo: chi pensa, ha sempre pensato e penserà che solo il “sapere” può garantirci un futuro. Nella fotografia, nella vita.
Immagine generata con Midjourney V5 da Jumper
Presto riusciremo ad annunciarvi cosa stiamo facendo, perché da qualche settimana stiamo lanciando messaggi, per fortuna raccolti da molti, ma il progetto è più grande di quello che immaginate, quindi abbiamo bisogno ancora di un po’ di tempo per potervelo presentare. Stay tuned ;-)