Threads, la sirena che annuncia la fine dei social networks (o almeno speriamo...)
Se non siete interessati al mondo dei social network, leggete questo articolo, e se invece lo siete (interessati), leggetelo lo stesso, perché si parla del nostro futuro, di noi come persone...
Immagine realizzata con Midjourney per questo articolo del SundayJumper
Da qualche giorno si sente parlare quasi sono di Threads, la nuova app social del pianeta Meta (che si pronuncia “*faisbuc”) che è esplosa con una forza dirompente, al momento di scrivere questo articolo sono oltre 93 milioni le persone che si sono iscritte in pochissimi giorni, ma se volete seguire questa progressione quasi in tempo reale, potete andare su questo [LINK]. E no, non correte a provare a scaricarla, perché in Europa non è possibile scaricarla a causa dei pessimi rapporti tra Meta e le leggi per la tutela della privacy che per fortuna sono parte integrante della cultura del nostro continente e che speriamo possano propagarsi anche altrove. Ci sono trucchi (non ve li linkiamo, ora vi spieghiamo perché) per riuscire ad arginare questo blocco, almeno su Android, mentre su iPhone e iOS il trucco ormai è stato bloccato a sua volta (ci si iscriveva come tester usando l’app Test Flight che si usa per fare appunto il test delle app), ma ora Threads non accetta più tester. Meglio… perché pur comprendendo l’euforia collettiva e il desiderio del provare (e vantarsi) del nuovo, non è proprio una bella idea cascare nell’ultimo trucco di Mark Zuckerberg, che pur sarà tutto felice in questo momento felice e di questo successo dopo le bastonate che ha ricevuto negli ultimi anni, non può non accorgersi che il suo regno è in fase decadente: non se ne accorgono ancora in molti, ma per fortuna la percezione è sempre più evidente.
Threads, per capirci, è l’ennesimo clone di Twitter, e arriva astutamente in un momento in cui Twitter è debole, visto che in questi mesi Elon Musk, dopo averlo comprato per oltre 44 miliardi di dollari, ha deciso sistematicamente di distruggerlo (i bambini ricchi amano rompere le loro automobiline, lui non potendo distruggere le sue Tesla grazie alle quali alimenta il suo portafoglio e anche le sue imprese impossibili, ha deciso di distruggere la macchinina Twitter).
La furbizia di Meta e la sua potenza dirompente è riuscita pur creando solo un semplice clone del popolare social network amato specialmente da chi si occupa di informazione (alla fine, è quello che fa Meta: copia quello che inventano gli altri, o al massimo li compra) a farlo volare sin dal primo giorno. Ci hanno provato prima, nei mesi e anni scorsi altri, tra cui Mastodon, Bluesky, ma anche Substack Notes (Substack è la piattaforma che usiamo per distribuire questa newsletter), ma guadagnando numeri di utenti ancora molto piccoli. Come ci sono riusciti, quelli di Meta e in così poco tempo? Usando come “traino” lo strumento ideale che avevano già in casa, che conta oltre 1 miliardo e 300 mila utenti, Instagram: chiunque (non in Europa, al momento, come abbiamo detto, vedremo se riusciranno a convincere gli organi ufficiali dalle nostre parti e con quali concessioni) sia iscritto a Instagram può connettersi direttamente a Threads con un solo bottone, e non serve alcuna registrazione aggiuntiva, persino il nome dell’utente rimane lo stesso di Instagram. Considerando che la difficoltà del far crescere un nuovo social network è quel tempo necessario per popolarlo, Threads ha risolto alla fonte il problema, e il traffico è arrivato corposo dopo soli pochi minuti. Tutti sono diventati pazzi per questo nuovo recinto creato per la ricreazione delle persone che sembra non abbiano ancora imparato nulla del lato oscuro di questo mondo, che si arricchisce grazie al furto totale della privacy che è merce discussa, ma poi trattata con troppa leggerezza, ingenuità, superficialità da troppe persone.
Immagine realizzata con Midjourney per questo articolo del SundayJumper
Pensate che Meta abbia “imparato” dai suoi errori del passato, dalle infinite malefatte che hanno commesso e per le quali sono state sanzionate con multe salatissime per raccolta, uso e distribuzione indebita di milioni e milioni di dati, anche di minorenni. No, date un’occhiata a quelli che sono i dati che Threads può raccogliere, questa lista arriva direttamente dalle indicazioni su Apple Store (che impone questa dichiarazione, è così anche su Android ma su questo store non è ancora obbligatoria questa dichiarazione).
Trovate sensato, anche se siete della categoria che dice che “tanto non ho nulla da nascondere” (neanche da proteggere?), che sia sensato che per scrivere due righe che dicono che siete in spiaggia con gli amici a bere uno spritz debbano poter raccogliere dati sulla vostra salute, sulle vostre finanze, sui vostri acquisti, sulla vostra localizzazione, eccetera? Li mandiamo tutti a farsi un “bagno” senza appello? Vi viene ancora voglia di scaricare questa e altre app che sono così voraci del sapere tutto su di voi. Di recente abbiamo trovato questo meme che rappresenta bene la questione….
C’è, in tutto questo, qualcosa di nuovo, che viene dichiarato da Threads e che però stride, non a caso l’annuncio fatto poi ha un dietrofront che lo stesso Adam Mosseri (CEO di Instagram) ammette: al suo lancio, mancherà una implementazione che invece va (andrebbe) verso un futuro migliore per ridurre il potere delle piattaforme social nella nostra vita, e che ha un nome di tendenza e un protocollo sul quale si basa. Il nome, di questo approccio, è Fediverso, che vi spieghiamo da questa definizione:
Il Fediverso (una combinazione di "federazione" e "universo") è un insieme di server federati (cioè interconnessi) utilizzati per la pubblicazione sul Web (cioè social network, microblogging, blog o siti Web) e l'hosting di file, e che, mentre li ospitano in modo indipendente, possono comunicare tra loro.
Nei diversi server (istanze), gli utenti possono creare le cosiddette identità. Queste identità possono interagire oltre i confini delle singole istanze perché il software in esecuzione sui server supporta uno o più protocolli di comunicazione che seguono uno standard aperto. Tramite le identità sul fediverso, gli utenti sono in grado di pubblicare testo (o altri media) e seguire i post pubblicati da altre identità su altri server.Il principio di funzionamento è come quello delle email. Gli utenti possono avere le proprie caselle di posta elettronica su server differenti, ma grazie ai protocolli di comunicazione standard ed aperti possono comunicare uno con l'altro.
Tra i servizi che hanno integrato (o dichiarato di farlo a breve) ci sono nomi come il già citato Mastodon, Wordpress (piattaforma sulla quale sono costruiti, dati alla mano relativi al 2022, oltre il 43% di tutti i siti su internet), e tanti altri che già sono attivi in questo senso, o che hanno abbracciato questa soluzione, tra cui Medium, Flipboard e, appunto… Threads (con la clausola che abbiamo segnalato poche righe fa). Il concetto di Fediverso non è nuovo, perché si appoggia ad un protocollo chiamato ActivityPub, una soluzione apparsa già nel 2016 ma che a sua volta è nata sulle costole di progetti che hanno oltre 10 anni di storia, e che che consente di creare reti sociali decentralizzate utilizzando server indipendenti. Ogni server ha la propria comunità e le proprie regole. Il vantaggio, senza annoiarvi troppo con i dettagli tecnici, permette sostanzialmente di far interagire utenti di social network diversi tra di loro: nella pratica, se una persona è iscritta a Twitter non può seguire i contenuti di qualcuno che è ospitato da Instagram, e viceversa, perché questi mondi sono “dei recinti privati” che non dialogano tra di loro. Bene, il concetto di Fediverso, che usa il protocollo ActivityPub, lo permetterebbero, oltre alla possibilità di “spostare” i propri followers altrove, se si decide di chiudere un proprio account.
Non sappiamo se Threads sarà compatibile con questa politica, pur avendola annunciata e poi “posticipata”, quello che vorremmo trasmettervi come messaggio è: il “lavoro” che si svolge sui social dovrebbe rimanere a chi svolge questo lavoro che dovrebbe poterlo monetizzare, come valore e come compenso, e non rimanere un immenso potere in mano a pochi super potenti, che possono gestirci, imporci regole, obbligarci a fare sempre di più per far guadagnare miliardi a loro per avere qualche briciola per noi (spesso briciole che nemmeno esistono se non nelle speranze delle persone o delle aziende che accettano queste regole). Se si lavora per creare una comunità di persone, impegnando tempo, soldi, risorse, competenze per creare contenuti graditi da questi utenti, bisogna avere la possibilità di mantenere queste relazioni anche quando la piattaforma che ci ospita non risulta più interessante per noi, senza avere l’unico diritto di potersene andare e ricominciare tutto da capo altrove. Per fare questo, servono nuove regole, che non sono NUOVE, perché se ci pensate, questa interazione era (ed è) già quella della posta elettronica: un utente di posta elettronica ha sempre potuto “dialogare” ed “interagire” con chiunque avesse o ancora ha un account mail su Yahoo, su Libero, su Virgilio, su Tiscali (citiamo nomi storici apposta… per far capire che era normale negli anni ‘90, quando internet e il digitale era agli albori). Ma poi sono arrivati i social, che ci hanno centralizzato, ci hanno imposto le LORO regole, e ci hanno confinato in ghetti dove ci hanno imposto lavoro sotto pagato (per nulla pagato, anzi: paghiamo noi per essere visibili).
Immagine realizzata con Midjourney per questo articolo del SundayJumper
La dichiarazione (tutta da verificare) di una compatibilità con ActivityPub è il primo segno del declino dell’impero, probabilmente la scelta è obbligata per Meta, per cercare di dimostrarsi “aperti”, almeno sui nuovi binari e sulle nuove strade che stanno sviluppando per cercare di trovare e proporre un futuro possibile, o per anestetizzare il sapore di qualcosa che, appunto, sta crollando. E nel tentativo di mostrarsi “aperti” non perdono però solo la preziosa e occasione per rallentare questo momento di “apertura” ma sfoderano le armi del tracciamento andando ad invadere la privacy degli utenti cercando di nasconderla nel momento del grande entusiasmo per “la novità”, cavalcando quella FOMO che ancora fa parte della maggior parte degli individui che popolano e corrono verso il mondo digitale per la paura rimanere soli o in ritardo. Ah, forse non ve l’hanno detto, ma sembra confermata (almeno al momento, magari se qualcuno farà rumore poi torneranno indietro), che se si accetta di entrare su Threads non si potrà più uscire, se non cancellando ANCHE l’account Instagram. Servono altri segnali per cambiare, finalmente, atteggiamento nei confronti dei social networks? Ci auguriamo di no ;-)
In questa newsletter parliamo di immagine, di evoluzione dei mestieri della comunicazione visiva, ma prima di tutto proviamo ad offrire uno spaccato su un futuro che diventa presente nello stesso momento in cui lo stiamo raccontando, per essere pronti ad affrontarlo, a volte guardando anche oltre, cercando di mettere insieme tasselli, puntini e sensazioni che sembrano essere distanti dal nostro quotidiano, ma che poi invece rischiano di caderci addosso, e di trovarci impreparati. Se vi abbiamo raccontato qualcosa di interessante, condividete questo articolo tra i vostri contatti, aiuterete noi ad allargare il numero di persone che ci seguono, ma speriamo possa essere utile anche al creare, tutti insieme, un modo diverso per collaborare ed interagire.