Ti faccio una fotografia con Photoshop (con lo smartphone)
Adobe entra in punta dei piedi in quella che sarà la prossima competizione finale nel campo della fotografia: da software per la post produzione a sistema per gestire la ripresa. Per ora su iPhone...
C’è un filo sottile – quasi invisibile – che lega due notizie apparentemente distanti: da un lato, Project Indigo, la nuova camera app di Adobe per iPhone che reinventa la fotografia mobile come qualcosa che va oltre il “bello”, puntando a una qualità tecnica ‘quasi DSLR’; e, dall’altro, i sempre più presenti tool AI per il culling e il fotoritocco in Lightroom, che spingono l’editing professionale verso un processo automatizzato e ottimizzato . È la traiettoria di una disciplina che – guardandosi allo specchio – scopre che la fotografia sta diventando, sempre più, un’opera di ingegneria computazionale e sempre più supportata dall'intelligenza artificiale.
Project Indigo è un'app (al momento solo per iOS, compatibile con gli iPhone Pro dal modello 12 in su, la versione Android è in fase di sviluppo) che permette molti controlli, ma che ha al centro della sua tecnologia un sistema che produce ad altissima velocità fino a 32 fotogrammi, allineandoli in modo intelligente al fine di ridurre il rumore e aumentare i dettagli e quindi generare JPEG o DNG con gamma dinamica espansa e texture migliorata – senza al tempo stesso rendere l’immagine “troppo pulita”. Marc Levoy, ingegnere che è stato a capo del progetto della fotocamera degli smartphone Pixel di Google e che dal 2020 lavora in Adobe, afferma un principio chiaro: l’iPhone può farsi strumento tecnico avanzato, offrendo controlli – ISO, tempo, messa a fuoco, esposizione – che permettono una scelta consapevole, non subita.
Nel contempo, Lightroom sta arricchendo il flusso del fotografo esperto con AI‑powered culling (a individuare foto sfocate o poco incisive) e strumenti come Reflection Removal, Person/Distraction Removal e selezioni intelligenti per occhi, viso, cielo. Quel che emerge – in un contesto di consegna delle immagini da parte dei professionisti sempre più orientata alla velocità – è una sinergia tra acquisizione e post-produzione, scatti realizzati in grande libertà, produzioni di alta qualità in poco tempo, selezione ed output quasi in tempo reale. Non è quello che in molti hanno sognato, quando hanno iniziato a lavorare nel settore della fotografia, ma è quello che il mercato chiede (le isole felici dove i tempi sono più lunghi e le scelte molto più ragionate, sono sempre meno).
Infine, è stata annunciata l’app Adobe Firefly per mobile, per usare la generazione di immagini con AI direttamente sullo smartphone (ma questa è un’altra storia).
Abbiamo fatto un po' di prove con l’app Indigo, non meritevoli di pubblicazione al momento, anche perché si capisce che l'app è ancora un po' da ottimizzare (anche l'icona è con il fondo bianco e le righe azzurre, simbolo delle app ancora in versione beta per Adobe), sul nostro iPhone 13 Pro diceva che la fase di processamento delle immagini stava eccessivamente scaldando il processore e quindi potevano esserci problemi di resa e di qualità; l'esportazione delle immagini in DNG sembra possibile solo tramite Lightroom (installato sul nostro telefono, sull'APP Project Indigo c'è un tasto che "invia" l'immagine scattata in Jpg e in DNG direttamente su Lightroom, ma ovviamente questo è un percorso non così fluido), non si capisce, o almeno noi non abbiamo capito in così poco tempo, perché l'immagine DNG esportata ha risoluzione pari alla metà rispetto all'originale.
Abbiamo fatto comunque queste prove portando lo zoom (nominalmente 3x per il nostro telefono) a 6x, ed è evidente che la resa con questa app è superiore, più naturale, i dettagli meglio definiti, la resa tra ombre e luci più bilanciate. Ma servirebbero test più accurati, che andrebbero eseguiti con più rigore, e non è certo questo il luogo idoneo per farlo: il nostro mestiere è guardare oltre allo strumento, per comprenderne gli sviluppi e la visione di insieme.
Quello che notiamo sempre è che le aziende più tradizionali non stanno correndo alla stessa velocità in queste innovazioni della fotografia computazionale, che è evidentemente la strada che ci porterà verso nuovi traguardi. Dietro questa tecnologia, che mischia calcolo, molteplicità di scatti da fondere insieme, calcolo e AI, ci sono brevetti, ci sono processori sempre più potenti, ed è difficile uscire con prodotti davvero all'altezza specialmente se le aziende “delle fotocamere” non fanno un netto slittamento da hardware a software in questi ambienti. In quest'ottica, forse l'ingresso di Adobe con questa pur ancora sperimentale app, potrebbe essere un segnale importante: l'azienda "di Photoshop" (software company) potrebbe trarre vantaggi importanti per riacciuffare il mercato dell'immagine "fotografica" migrando molte delle sue tecnologie software per potenziare l'uso degli strumenti di acquisizione, con un cambio di paradigma (o un potenziamento, per dirla giusta). Ricordiamo che nel campo desktop (professionale e amatoriale di fascia alta), la competizione tra Photoshop e "i suoi concorrenti" (Canva, prima di tutto, che ricordiamo ha acquisito Affinity; ma per certi versi anche Figma, che pur puntando ad un mercato diverso si propone come un player così eclettico che potrebbe strizzare l'occhio anche al mondo di Photoshop, dopo avere quasi raggiunto Illustrator con le ultime presentazioni dello scorso mese). E allora, forse andare all'attacco di altri "device" affiancandosi al momento della ripresa e non solo della post produzione potrebbe essere una strategia interessante, anche se il modello di business è totalmente diverso (le app sono sostanzialmente gratis, se vengono fatte pagare la loro adozione è molto limitata, e non sono certo i numeri piccoli che possono avere un interesse per il gigante Adobe).
A convalida di queste nostre impressioni, segnaliamo un paio di dichiarazioni:
“Questo è l’inizio di un percorso per Adobe – verso un’esperienza integrata di fotocamera ed editing mobile che sfrutta i più recenti progressi nella fotografia computazionale e nell’IA,” scrivono Levoy e Kainz. “Speriamo che Indigo piaccia sia ai fotografi amatoriali che cercano un look naturale simile a una SLR, anche sui grandi schermi; sia ai fotografi esperti che vogliono il massimo controllo manuale e la migliore qualità d’immagine possibile; sia a chiunque – amatore o professionista – ami sperimentare nuove esperienze fotografiche.”
e poi, ancor più nitidamente:
“Indigo non è solo un’app fotografica; è anche una piattaforma di prototipazione agile per tecnologie che potrebbero eventualmente essere implementate nei prodotti di punta di Adobe, in particolare Lightroom.”
Per chi lavora professionalmente nel campo della fotografia, questo cambiamento è un bivio: continuare a inseguire la mitologia del “fotografo e la sua macchina”, oppure abbracciare un percorso dove software, algoritmi e design computazionale ridefiniscono il confine tra “quello che si vede” e “cosa vogliamo restituire” nelle nostre immagini. Quello che faceva Ansel Adams, nel pre-visualizzare una fotografia per poi seguire il processo di esposizione, sviluppo, stampa ideale per ottenere il risultato, è ancora attualissimo; quello che cambia è su quanti ingredienti e su quanta complessità possiamo contare oggi, per calibrare esattamente questo risultato, che non è più solo luce, ma algoritmi, calcoli, elaborazioni.
E poi rimane il tema del “realismo” che abbiamo spesso messo al centro dell'analisi sul futuro della fotografia. L'uso della fotografia computazionale ci genererà immagini meno "vere" rispetto ai "magheggi" della chimica, dell'ottica, dell'esposizione con cui la fotografia ha scritto tutte le sue pagine di storia? Ancora una volta, secondo noi, è una questione di coscienza: sapere cosa si vuole dire, usare gli strumenti e le tecnologie per poter dire quello che ci prefiggiamo di dire e trasmettere. Un editoriale del New York Times appena pubblicato riprende molti dei concetti che abbiamo espresso qui sul SundayJumper, ed esplora l’evoluzione della fotografia e del video, sottolineando come le immagini abbiano sempre influenzato la nostra percezione della realtà. Oggi, con miliardi di fotocamere e l’avvento dell’intelligenza artificiale, la capacità di manipolare foto e video ha raggiunto livelli senza precedenti. Questo solleva dubbi sulla credibilità delle immagini: se tutto può essere creato artificialmente, possiamo ancora fidarci di ciò che vediamo? Gli autori suggeriscono che le forze economiche e tecnologiche hanno progressivamente complicato il rapporto tra immagini e verità, portando a una crisi di fiducia nell’era digitale. Ed è, come detto mille volte, un ruolo che va ricercato nel presente e nel futuro della professione dei fotografi. Più ne parliamo e però meno lo vediamo applicato nella realtà delle proposte, della discussione, del dialogo interno al settore.
E tu, professionista del settore che ci leggi: come stai integrando questi scenari nel tuo mestiere? In quale punto – tra innovazione tecnica e valore realistico – stai posizionando il tuo sguardo? In che modo pensi di poter trasformare la produzione di "immagini reali" nella strategia per proporti? Faccelo sapere rispondendo a questo nostro articolo.