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Tirare fuori nuove idee non è come fare la 💩...
A volte si pensa che i creativi possano sviluppare idee facendo solo uno sforzo mentale, facendole uscire da dentro. Non è così, le idee nascono usando metodi di ricerca e di aggiornamento.
Photo by Boudewijn Huysmans on Unsplash
Da dove nascono le idee? Qualcuno pensa, ancora, che siano frutto di concentrazione: che basta stringere le mani attorno alla testa e, con uno sforzo simile a quello del fare la cacca, si fa uscire qualcosa di buono? Se si è creativi, si otterrebbe in questo modo una cacca di qualità, altrimenti, se non siamo creativi, si ottiene solo un inutile e puzzolente contenuto da buttare via?
Non è così, e quello che preoccupa è che sembra che nell’Era dell’informazione siamo sempre meno in grado, globalmente, di riuscire a trovare un metodo per aggiornarci, per approfondire argomenti che poi sono (devono essere) il fulcro del nostro pensiero, e di conseguenza di quello che vogliamo creare, costruire, condividere.
Sono ormai decenni che abbiamo un’immensa disponibilità di informazioni a disposizione, sostanzialmente a costo zero. Prima il web (tre decenni che ci hanno aperto la possibilità di disporre di un universo di comunicazione globale), poi i motori di ricerca (oltre due decenni per Google, qualche anno in più per le prime sperimentazioni come Archie, Lycos, Altavista, HotBot - quest’ultimo era il motore di ricerca sviluppato dalla rivista Wired, quando le riviste avevano ancora come missione quella di “costruire” presente e futuro e non solo stare alla finestra a guardare), i social network (Fotolog, 2002, MySpace 2003, Facebook 2004, Youtube 2005, Instagram 2012) , gli archivi e le enciclopedie online (Wikipedia 2001) hanno reso possibile davvero il poter avere un’informazione su tutto, e senza limiti. E quindi di essere creativi.
I creativi (ma, in generale, gli esseri umani) hanno quindi da decenni strumenti per guardare oltre, per capire, per raccogliere idee, pensieri, conoscenza e trasformarla in valore: per comunicare, per vivere meglio, per contribuire alla crescita della nostra “umanità”. Quello che però succede è che tutto sembra essere diventato così difficile da portare verso un risultato totalmente opposto rispetto alle potenzialità offerte: superficialità, appiattimento, mancanza di idee. Più facile prendere la “prima notizia che capita”, non confrontarla con altre fonti, più semplice accontentarci del riassunto del riassunto, di quarta, quinta, millesima mano. Abbiamo oro, e non ci accorgiamo di averlo, se non forse quando rischiamo di perderlo.
Già, qualcuno questo oro lo sta perdendo, oppure non ci presta abbastanza attenzione. Non sappiamo se nel bombardamento di terribili eventi dedicati alla guerra in Ucraina vi siete accorti di alcune questioni:
La prima è che è evidente di come - ma è “umano” - dopo i primi giorni, l’attenzione delle persone si è raffreddata, si cercano distrazioni, mancano vere informazioni “esplosive” (anche le morti, i bombardamenti… dopo le prime ci si “abitua” a tutto), qui un commento di una delle riviste che più analizza le tematiche dell’informazione. Insomma, dopo il 24 febbraio, inizio delle operazioni militari russe, via via le persone hanno dato per “scontato” il fatto che ogni giorno un’intera nazione, a pochi passi da noi, subisce degli attacchi di bombe e missili; non è che le informazioni manchino, siamo noi che non le cerchiamo più. Dovremmo fermarci a pensare a come riusciamo a isolare le informazioni e andare oltre, anche se sono più azioni automatiche di auto difesa del nostro cervello che non di vero “menefreghismo”.
La seconda situazione è che “abitare” in certe zone del Mondo rende sempre più difficile davvero ricevere informazioni e farsi delle idee sulla realtà. In Russia sono stati bloccati i social, molte informazioni sono filtrate o nascoste e le persone che vogliono “non rimanere chiusi” stanno tentando di superare questo limite usando sistemi di connessione con VPN (sistemi che permettono di “simulare” di essere in un luogo diverso da quello “fisico” per aggirare questi blocchi), creando un boom di download di app che offrono questa funzionalità, ma questo genera il rischio di essere scoperti e di essere accusati in Russia di attività sovversive.
La terza è ancora peggio della seconda: alcuni studi dimostrano che rischiamo quello che viene definito Splinternet, ovvero la fine della maggiore conquista degli ultimi 30 anni, ovvero un sistema di comunicazione universale accessibile e condivisibile in tutto il pianeta per tutti: Internet, ovviamente. Questo articolo mette in evidenza che il rischio di perdere un’unica Internet è molto forte e possibile, e sarà qualcosa di storico che purtroppo si ricorderà sui libri che parleranno ai nostri figli, nipoti e pronipoti di questa Era, e lo descriveranno forse come un fallimento di tutta l’umanità contemporanea (speriamo che chi verrà dopo sarà più saggio). Ovviamente, non si tratta solo della Russia - che da anni sta sviluppando una rete proprietaria alternativa ad Internet, e quindi si tratta di una mossa ampiamente prevista e prevedibile - ma altri Paesi, come Cina e Iran potrebbero approfittare della situazione per accelerare le proprie politiche “separatiste” dalla rete globale.
Torniamo al nostro argomento iniziale: mentre segnaliamo queste possibili situazioni di “chiusure” della connettività dovremmo pensare al valore della libertà che abbiamo a disposizione, facendone tesoro. Come detto, non nascono nuove idee senza conoscenza, senza scoperte, senza accesso, senza confronto, e tutto questo lo abbiamo a disposizione, ogni giorno, ogni momento, nella nostra vita. Ma se non sappiamo usare questo valore nel modo giusto, se non abbiamo un metodo adeguato, siamo e verremo sopraffatti dal “troppo” e finiamo con l’accontentarci del “poco”, o peggio ancora perdiamo un sacco di tempo perdendoci in meandri che poi non ci portano ad analizzare correttamente nulla di concreto.
Per cercare di risolvere questo problema, abbiamo trovato interessante questo corso gratuito (e anche in italiano!) realizzato dall’agenzia di stampa Reuters, e sponsorizzata da Meta (Facebook e compagnia) sul giornalismo digitale. E’ un corso di approccio base, si rivolge ai giornalisti che devono imparare i corretti metodi per gestire l’informazione per poter fare una informazione corretta a loro volta, ma che pensiamo che sia molto interessante ed utile per tutti, specialmente per i nostri lettori che, in qualità di creativi, devono alimentare correttamente la propria conoscenza, trovando il metodo, il tempo e le procedure giuste, per usare queste risorse preziose.
Il corso è come detto totalmente gratuito, ci sono delle spiegazioni semplici ed efficaci e poi, alla fine di ogni capitolo, ci sono delle brevi domande per verificare (o per correggere) l’apprendimento. Lo abbiamo seguito e completato, possiamo garantirvi che è un impegno di un’oretta o poco di più, vi verrà riconosciuto un attestato di partecipazione che magari vi farà piacere possedere (qui sotto quello ottenuto dal sottoscritto). Sebbene il mestiere del sottoscritto che vi sta scrivendo sia, in gran parte, quello di giornalista da molti decenni e che siamo profondi conoscitori del mondo digitale, è stata anche per noi occasione per riflettere, per riprendere alcuni strumenti magari ingiustamente abbandonati (uno di questi Tweetdeck che aiuta a gestire e dominare meglio Twitter, strumento che è caduto immeritatamente in disuso nelle nostre abitudini quotidiane), e di sicuro ci hanno aiutato ad ottimizzare alcuni approcci. Siamo sicuri che sarà molto utile anche per voi: che non fate i giornalisti, che non avete questo obiettivo, ma che come tutti avete bisogno di dominare il sapere e la conoscenza, e non subirlo passivamente. Ci auguriamo che possa essere un esercizio utile per voi, fateci sapere se lo avete completato e cosa ne avete tratto.