Confusione generativa: l'AI cambia tutto e il mondo perde l'equilibrio
Le immagini generate con l'AI possono entrare nel più esclusivo tempio del fotogiornalismo? La discussione si è accesa; il buon senso ha vinto, ma ci ha permesso di riflettere meglio sul tema.
Una settimana dopo il caos provocato dal licenziamento di Sam Altman da CEO di OpenAI, raccontata sullo scorso numero del SundayJumper, che ha portato a reazioni a catena degne di una serieTV (se vi siete persi gli step, vi diciamo semplicemente che Sam è tornato al suo posto, dopo cinque giorni che definire "frenetici" è riduttivo), un'altra confusione cosmica è caduta sul Pianeta Terra, questa volta ben più vicina al nostro settore della fotografia, anzi: al centro del centro della fotografia.
Stiamo parlando della posizione presa dal World Press Photo, il più importante concorso al mondo dedicato alla fotografia giornalistica, di accettare inizialmente le immagini generate dall'AI - pur in una categoria speciale, quella chiamata Open Format nata per incoraggiare le tecniche innovative, nuove modalità di presentazione non tradizionali e nuovi approcci alla narrazione.
Il tutto - motivazioni, visione, prospettive - è stato pubblicato e proposto su un’interessante pagina dell'organizzazione WPP, che vi consigliamo di leggere (come sempre, il consiglio è che se non parlate bene l'inglese, funziona bene a sufficienza la traduzione in italiano, alla quale potete accedere direttamente e facilmente dal vostro browser).
Subito dopo, si sono alzati degli scudi da parte di importanti fotoreporter internazionali, che con garbo e sensatezza hanno detto... no, non ci stiamo. In una lettera aperta, pubblicata QUI e che vi consigliamo di leggere, main sintesi dicono:
Mentre incoraggiamo il discorso sull'emergere e sulle implicazioni delle creazioni di intelligenza artificiale, siamo profondamente preoccupati che WPP promuova immagini che non sarebbero accettabili in nessun formato secondo gli standard di WPP. Chiediamo a WPP di smettere di promuovere queste immagini e di riconsiderare l'autorizzazione dell'AI in qualsiasi forma nel concorso. Incoraggiamo anche una discussione sulla struttura delle categorie.
WPP dovrebbe continuare a sostenere e definire gli standard etici del nostro settore. Ora più che mai.
In risposta, il WPP ha deciso di cambiare idea (da qui, il collegamento con il "balletto di decisioni" di OpenAI), annullando questa decisione (QUI), con la seguente motivazione:
Grazie al feedback onesto e ponderato degli ultimi giorni, abbiamo deciso di cambiare le regole della categoria Open Format del nostro concorso per escludere le immagini generate dall'AI. Sia il riempimento generativo che le immagini completamente generate dall'AI saranno vietate nella categoria Open Format (come era già il caso nelle altre categorie: Single, Stories e Long-Term Projects).
Cosa possiamo trarre come stimoli, da questa situazione?
Sapete bene che difendiamo apertamente l'immagine generata o modificata con l'AI, addirittura abbiamo creato una rivista, una newsletter e un laboratorio dedicato al tema (QUI), ma crediamo che sia necessario separare gli approcci e i contesti. Il WPP è IL mondo del fotogiornalismo, con un suo sapore e un suo ruolo da difendere e tutelare, quello del giornalismo visuale, che ha una grande importanza proprio in questo momento di incertezza, in cui vero e veritiero si fondono e si confondono, creando confusione, paura, e aprendo spazi alla manipolazione del pensiero, delle opinioni, delle azioni (in una cabina elettorale, ma anche negli ambiti dell'informazione, della cultura, dell'insegnamento, della società). L'AI non è "un formato aperto", non è "un nuovo formato", rispetto alla fotografia di documentazione; semmai è uno strumento di narrazione, che come abbiamo letto in qualche commento porta a fare un confronto tra i libri di Fiction e quelli NON fiction.
Il giornalismo visuale, la sua etica, la sua esigenza di rimanere (per quanto possibile) puro, non può stare nello stesso spazio di quello che viene descritto - metaforicamente ed anche concretamente tecnico - come lo "scrivere con la luce". Tutto questo viene analizzato in un documento di principi che ha stilato questo gruppo, che proprio si chiama Writing with Light: Ethical standards for Visual Journalism in the age of AI (Scrivere con la luce: standard etici per il giornalismo visivo nell'era dell'intelligenza artificiale).
Il secondo pensiero che ci è venuto in mente è che è bello che, in una era di confusione, si possa cambiare idea, attraverso il dialogo, il confronto, ma poi rimane traccia di questo percorso, non si nasconde sotto il tappeto. Online, come vi abbiamo segnalato, si possono recuperare tutti gli step di questo percorso di confronto, e sulla pagina della "Proposta" di inserire inizialmente l'AI nel WPP appare una scritta evidente, all'inizio, che dice:
ARCHIVIATO: Condividere il nostro pensiero dietro gli strumenti di intelligenza artificiale e il nostro concorso annuale. Nota: questa è una pagina archiviata obsoleta, conservata per motivi di trasparenza. Si prega di vedere la versione corrente di questa pagina.
Un insegnamento che dovrebbe essere raccolto da tanti che fanno (o dichiarano di fare) informazione.
Il terzo pensiero è quello che l'apertura del dialogo, del rispetto degli spazi e dei contesti, che difendiamo e condividiamo come detto, dovrebbe lasciare spazio all'apertura mentale proprio nella mente di alcuni fotogiornalisti perché, pur impegnati nel tutelare la "verità", possano a trovare motivi per capire che l'AI non è un cattivo mostro, come viene spesso immaginato e definito. Con l'AI non si producono solo falsi, non si creano solo "fake news", si può dare corpo e visibilità a storie meravigliose, trasformare in immagini pensieri complessi, che neanche la fotografia può fare. Non vanno confuse queste due discipline (come non si può confondere fotografia e pittura, eppure questo non toglie nulla all'una o all'altra... perché con l'AI dovrebbe essere diverso?) ma in questo clima di contrasto, ci possono solo essere occasioni per "perdere" qualcosa, molto, da entrambi i lati.
Così come non è la fotografia che può garantire sempre la realtà (anzi, il contrario: la realtà raccontata con la fotografia è rara, e ha bisogno di fotoreporter dall'approccio etico profondo e da una disciplina esemplare: quella di non voler "dire" cose false, di non dire "bugie", non con le parole, non con le immagini), al tempo stesso non è vero che l'AI racconta sempre e solo falsità: crea verità se interpreta un pensiero vero, un’emozione sincera, una storia reale... allora non è lo strumento che la produce che conta, ma la finalità per la quale viene usata.
Un dialogo che richiede uno spazio definito, dove tutti coloro che hanno qualcosa da dire e da condividere avranno voglia di entrare con uno spirito curioso, con la voglia di mettere in dubbio non tanto i propri valori primari ed essenziali (che dobbiamo difendere), ma gli approcci chiusi, quelli che non prevedono permeabilità, che impediscono la scoperta di nuova luce. Scrivere con la luce impone, prima di tutto, di far entrare la luce nella mente.
Ci auguriamo quindi di non vedere immagini AI nelle prossime edizioni del WPP, ma di vedere nuove esperienze che avvicinano l'AI alle persone più sensibili, che come tali non rimangono ancorate a preconcetti senza desiderare di rimanere stupiti.
Se pensi che questo dialogo sia interessante, importante, necessario, abbonati ad Aiway, stiamo lavorando al secondo incredibile numero della rivista, e aggiorniamo con impegno e sincerità ogni settimana con una newsletter esclusiva. E poi proprio domani ci sarà la QUINTA live per gli abbonati alla versione LAB. Regalatevi l'occasione di guardare al futuro con prospettive che rispettano tutta la tradizione, ma che offrono spunti per comprendere il ruolo e il mestiere dei fotografi d'ora in avanti.