Simile, uguale, copiato. Il copyright nel suo passato, presente e ... futuro
Picasso diceva: "I bravi artisti copiano, i geni rubano", ma c'è un limite su copia e furto nell'arte e nella creatività? E cosa succederà, ora e nel futuro dell'intelligenza artificiale generativa?
Da tantissimi anni, apprezziamo il lavoro di una giovane fotografa, che si chiama Jingna Zhang [LINK], che da sempre non solo conosciamo ma ricordiamo con il nome, Zemotion, che l’ha resa celebre, prima su DeviantART (alzi la mano chi se lo ricorda, e poi chi invece - “colpevole” la gioventù - non ne ha mai sentito parlare), dove è stata una delle pagine più apprezzate da sempre, e che è stato il suo trampolino per arrivare alla professione, e anche per pagarsi le prime fotocamere professionali. Il sistema proposto da DeviantART consentiva all’epoca infatti ai creators (non si chiamavano ancora così) di avere la possibilità di vendere sulla piattaforma stampe delle proprie immagini, e proprio grazie a queste entrate, la giovane Zemotion ha iniziato la sua luminosa carriera, vendendo le sue immagini su poster, quadri, cartoline, eccetera; la pagina su questo social c’è ancora, e anche se da tanti anni non viene aggiornata, mantiene questo legame storico, a disposizione di tutti [LINK].
Succede però, qualche mese fa, che Zemotion (questo nome lo usa ancora per la sua pagina Instagram [LINK]) esplode di rabbia perché un giovane artista lussemburghese, Jeff Dieschburg, ha vinto un premio all’11a Biennale di Arte Contemporanea di Strassen e ha ricevuto una cifra pari a 1.500 euro, ma il quadro con cui ha vinto è, di fatto - e senza alcun dubbio - una copia di una sua immagine scattata per la rivista Harper's Bazaar Vietnam nel 2017. Trovate le due “versioni” in apertura di questo articolo. Non si può trattare di “ispirazione”, se prendete le immagini e le sovrapponete, noterete che la copia è assoluta, e poco lascia credito alla difesa del giovane pittore [LINK] che dice che in realtà ci sono differenze, per esempio nel suo quadro c’è un orecchino, che l’immagine è specchiata rispetto alla foto e che… la sua è un’opera artigianale.
I fatti successivi, è storia di pochi giorni fa, dicono che Jingna Zhang ha perso la causa, perché un giudice del Lussemburgo ha dichiarato che, in riferimento alle leggi sul copyright europeo, non è possibile accettare l’ipotesi di plagio, in quanto "la posa del modello nella mia foto non è unica". Evidentemente, la cultura visiva di chi ha giudicato questo caso meriterebbe un aggiornamento, perché non solo è evidente il plagio, ma andrebbe spiegato all’esimio giudice che un’opera artistica non è “solo una posa”, ma è un equilibrio e una fusione di tantissimi elementi, che sono proprio quelli che portano alla definizione di opera che merita di essere tutelata dal diritto d’autore.
L’autrice, giustamente, ha detto che ricorrerà in appello, e condividiamo la sua battaglia, che qualcuno potrebbe anche definire superflua (tutti copiano, tutti si ispirano… si dice), ancor più nei confronti di un giovane artista (il pittore) che si professa ancora “studente”, ma che prima di tutto dovrebbe capire che si diventa professionisti (e, ancor più artisti) mettendo davanti a tutto l’etica, la correttezza, l’umiltà di ammettere un errore, il gesto di poter rimediare, magari devolvendo il suo premio in beneficienza, oppure quantomeno nel fare un gesto di pentimento. Non siamo qui di fronte ad un piccolo ed indifeso Davide contro un potente Golia: Zemotion, certamente, è più affermata di lui, ma è pur sempre anche lei una giovane professionista, che ha fatto tanto lavoro per arrivare al risultato che ha meritatamente ottenuto, con una qualità professionale ed artistica che merita rispetto e - inutile dirlo, ma lo ribadiamo nel caso qualcuno voglia spiegarlo al giudice lussemburghese - tutela.
C’è però un pensiero che non possiamo non fare, in questo momento specifico della storia dell’immagine, dell’autorialità, dell’arte, perché la storia oggi prende un aspetto che impone maggiore attenzione. Da qualche mese, meno di un anno di sicuro, abbiamo visto quanto la capacità delle “macchine” di essere istruite grazie ad archivi pressoché infiniti di immagini disponibili online possa generare nuove immagini, partendo da zero, dove il diritto d’autore delle opere originarie non può essere tutelato e dove ogni nuova immagine può essere generata guadagnando pari diritti dei milioni di immagini dalle quali è derivata. Ciò porta questa disputa (una di milioni, più o meno evidenti) ad un livello più profondo. Il pittore “copione” di questa storia si difende dicendo che la sua opera è “artigianale”, ma cosa vuol dire, nei fatti? Che è un pennello che può generare l’arte? Ne abbiamo parlato già molte volte, l’ultima due settimane fa proprio su questo spazio [LINK], dove finisce l’opera artistica ed inizia l’esecuzione tecnica? La pittura è arte e la fotografia, visto che “basta un click” non lo è? No, lo sappiamo bene. E, oggi, arte è quella che realizza - dal punto esecutivo - l’essere umano (quasi sempre basandosi su quello che ha visto, nella sua vita, quindi di fatto facendo riferimento a migliaia/milioni di stimoli e sfumature) e non quella che genera una macchina, appositamente alimentata della stessa cultura visiva, e comandata da una persona (una mente) che ne indirizza la ricerca e gli stessi stimoli/sfumature?
Oggi potremmo/possiamo dire ad un computer di generare migliaia di immagini con lo stile di Zemotion, e potremo realizzare immagini quasi come se fossero state scattate da lei, aggiungendo mille altri riferimenti, dettagli e connessioni. Si tratterebbe di “plagio”? Dove finisce l’ispirazione, dove inizia il pensiero, l’intuizione, l’idea? Si tratta solo di copiare gli “strumenti”? Ovviamente no, perché i veri artisti non hanno mai “nascosto” le loro tecniche, la stessa Zemotion spiega, per esempio, quali sono le tecniche di illuminazione che utilizza lei [LINK], e non sono certo questi dettagli che potranno permettere a tutti di ottenere gli stessi risultati.
Sono mesi che stiamo sperimentando approfonditamente l’intelligenza artificiale generativa e vi possiamo assicurare che la sua potenzialità è davvero esplosiva e permette già oggi (figuriamoci tra sei mesi, o sei anni…) di ottenere risultati incredibili, che porterà a due scelte:
Usare questi strumenti per ampliare e moltiplicare la propria creatività e potenzialità di sviluppo.
Essere spiazzati/sopraffatti dalla creatività che le macchine possono sprigionare (lo sappiamo che molti potrebbero contestare dicendo che le macchine non sono creative, perché possono solo rielaborare input forniti, ma guardiamoci attorno: quali sono le opere di ingegno che non sono “figlie di input” già pre-esistenti? Poche, pochissime).
In questo presente futuro, ci sarà spazio per artisti come la nostra amica Zemotion che ha dimostrato di avere un proprio stile, un messaggio stilistico ed estetico che ha uno spessore e un gusto che l’ha portata al successo, uno stile che si distingue e che anche quando viene “copiato” si mostra molto più forte delle sue copie. Ma, specialmente - e questo è il valore assoluto - non ci sarà mai nessun computer che potrà intuire quale sarà il “prossimo step” di un artista, questo lo può scoprire solo l’artista stesso, le macchine potranno solo basarsi sul conosciuto, sul visto, non su quello che un artista/creativo ancora non ha ideato, immaginato, sognato, ed è qui che gli artisti e i creativi avranno sempre il loro spazio e il loro futuro: inventando e scoprendo nuove idee. Al tempo stesso, le macchine potranno invece essere di supporto per essere a servizio di una nuova generazione di artisti - vengono chiamati “Prompt Artist” o “Prompt Designers”, che sapranno sussurrare alle macchine nuove idee, nuove immagini, nuovi scenari.
Gli artisti sono in questo periodo sul terreno di guerra, perché dicono (e in parte hanno ragione) che dovrebbero ricevere meriti, crediti, soldi per alimentare questa intelligenza artificiale, perché di fatto si basa anche sul loro lavoro, ma in realtà la cultura è sempre stata influenzata da chi ha mostrato nuove strade e ha dimostrato di avere delle nuove e belle idee. L’industria cerca sempre riferimenti da copiare (nella musica, nel cinema, nella letteratura: se arriva un nuovo successo, poi nascono 1000 versioni “simili”… fino a quando non satura quell’idea e si attende la prossima idea da copiare… e nessuno ha mai pagato i Beatles o i Rolling Stones per le copie che si ispiravano a loro, e così via). E, forse (ce lo auguriamo), si potrebbe iniziare a pensare ad alternative (per esempio basate su Web3, ne abbiamo parlato [LINK] e ne parleremo) al veicolare le proprie immagini e opere artistiche nei territori delle piattaforme social che li trasformano (su loro piena coscienza) in prodotto, senza alcuna monetizzazione se non l’illusione di una visibilità che dovrebbe generare successo ma che quasi sempre si traduce in egocentrismo.
In tutto questo, il rischio non sarà quello dei creativi veri, ma di chi adotterà i “trucchi” banali come quello del giovane studente che invece che trovare una propria strada artistica, adotta lo stesso metodo che già oggi le macchine possono garantire, senza alcuna fatica, in pochi secondi, e addirittura con una qualità finale superiore, con mille varianti che pur basandosi sulla stessa ispirazione di base, possono trovare infinite variabili. Ed è una lezione per tutti: creare vuol dire cercare un modo per dire qualcosa di unico, e non è lo strumento (artigianale o tecnologico) che ci permetterà di ottenerlo, ma sarà sempre comunque la nostra mente e la nostra esigenza e urgenza di volerla far conoscere e diffondere.
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